Sinodo, strade o direzioni?
Emergono richieste relative all’accompagnamento, alla vicinanza, all’autorevolezza, all’empatia, alla capacità di offrire ragioni, alla necessità di una formazione adeguata
Con la Santa Messa di domenica 28 ottobre si è concluso il Sinodo dei vescovi sui giovani. Insieme a papa Francesco oltre 300 padri sinodali con 34 giovani da tutto il mondo si sono interrogati sulla relazione tra la Chiesa e il mondo giovanile: “Come il Signore Gesù ha camminato con i discepoli di Emmaus, anche la Chiesa è invitata ad accompagnare tutti i giovani, nessuno escluso, verso la gioia dell’amore”. Cosa ne è stato del Sinodo? Cosa offre alla Chiesa e alla nostra Chiesa bresciana in particolare? Come molti lettori, ho stampato il documento finale appena comparso sul sito della sala stampa vaticana, scorrendolo velocemente per coglierne il succo. Ed ho sbagliato. Papa Francesco ha ricordato, infatti: “Il risultato del Sinodo non è un documento. Siamo pieni di documenti. Io non so se questo documento al di fuori avrà qualche effetto, non lo so. Ma so di certo che deve averlo in noi, deve lavorare in noi”. Quindi il documento non è l’unica base per valutare quanto il Sinodo ha prodotto ma, piuttosto, l’offerta di un punto di partenza per un processo da iniziare, dentro la Chiesa. E allora proviamo a guardare dentro a questo processo: innanzitutto possiamo ammettere, con soddisfazione, che il lavoro di ascolto dei giovani che ha gettato i semi per l’Instrumentum laboris sinodale è stato effettuato seriamente e offre uno spaccato realistico del mondo giovanile. Il Sinodo lo ha recepito con sincerità tanto che alcuni giovani (anche bresciani) letto il documento hanno pensato: “Ma ci sono dentro le nostre parole!”.
È vero: anche le parole dolorose sulla Chiesa raccolte, sono state messe dentro un documento ufficiale. Non è cosa da poco. Anche il nucleo del Documento finale coglie uno snodo decisivo per la lettura della situazione giovanile: lo snodo della scelta e delle scelte di vita, il legame delle scelte con i sogni e con la promessa che Dio mette nel cuore di ogni uomo, la possibilità di prendere in mano con libertà la propria vita e di agirla con responsabilità. Su questi passaggi il testo votato dai Padri sinodali non è scontato, anche se la redazione finale offre più abbozzi che riflessioni giunte a sintesi. In effetti il Sinodo ci offre qualche direzione più che strade già pronte da essere percorse: il lavoro di elaborazione di una proposta di pastorale giovanile per il nostro tempo è ancora lontano da una forma soddisfacente. Ma c’è un tema che torna continuamente nel documento e deve aver animato la discussione: riguarda la figura del prete e, in misura un poco più defilata, quella dei religiosi e delle religiose. Emergono richieste relative all’accompagnamento, alla vicinanza, all’autorevolezza, all’empatia, alla capacità di offrire ragioni, alla necessità di una formazione adeguata. È facile possano essere lette – con superficialità – come l’ennesimo carico di attese non corrisposte da porre sulle spalle dei nostri preti. Sono invece la spia – chiarissima – che la scelta della vita religiosa è – anche oggi – promessa non banale di una esistenza diversa; segno tutt’altro che sbiadito al quale corrisponde una richiesta enorme di significato.