Sincerità dei numeri
Per negare l’esistenza di un fatto basta non misurarlo. Un salario di duemila euro al mese può rappresentare per tanti lavoratori un compenso dignitoso, ma in presenza di inflazione il valore reale di quegli euro, ossia la loro capacità di comprare beni e servizi, viene implacabilmente eroso. Nel 2022 i prezzi al consumo in Italia sono cresciuti di circa il 10%. Salariati, stipendiati e pensionati stanno subendo, quindi, una silenziosa riduzione delle loro entrate di pari entità, cioè di 200 euro al mese nel caso di cui sopra. Se datori di lavoro privati e pubblici non adegueranno i compensi, eventualità al momento fuori discussione, un’ulteriore rasoiata nel 2023 sarà inevitabile. Mentre in altri Paesi il costo della vita è giustamente al centro dell’attenzione e del dibattito pubblico, in Italia fatica ad emergere dall’effluvio di cronaca nera, calcio e gossip. Con l’ovvia conseguenza che governi e banca centrale non si sentono troppo motivati ad attuare tempestivamente i correttivi del caso.
Un altro ambito in cui la lettura dei dati reali cambia la percezione della realtà - e per questo tendiamo ad evitarla – è l’ecologia. Esempio lampante: il riciclo dei rifiuti. In Lombardia e a Brescia ci viene detto che più del 70% dei rifiuti solidi urbani viene differenziato, e questo numero ci fa considerare “green” il nostro modo di consumare. Il famoso 70%, in realtà, rappresenta solo - e in misura approssimativa - la quota di rifiuti urbani avviata alla selezione propedeutica al riciclo. Questo stadio espelle dal recupero buona parte di ciò che tratta, perché tecnicamente o economicamente non utilizzabile.
Ad esempio, delle decine di polimeri di cui sono fatti gli oggetti in plastica, pochi sono davvero riciclabili, e solo in certe condizioni di purezza ed economicità della gestione che in pratica non si verificano mai. Risultato: gli impianti di selezione respingono la stragrande maggioranza della plastica, e avviano a riciclo in media solo il 20% del PET e il 10% dell’HDPE. Quindi, della frazione differenziata che immaginiamo sia più facile convertire a nuova vita, meno di un decimo − altro che 70%! – evita di finire incenerito, in discarica o disperso nell’ambiente, con tutte le emissioni di gas serra e l’inquinamento che questo gigantesco spreco comporta. Anche in questo caso, se i consumatori conoscessero meglio questi fatti sarebbe più semplice far emergere comportamenti responsabili, orientati alla riduzione degli imballaggi e ad alternative meno nocive.