Sei pronto a farti vaccinare?
Dopo Inghilterra e Stati Uniti anche i tempi dell’arrivo del vaccino anti-Covid in Europa e in Italia si fanno più stretti. L’Ema, l’Agenzia europea deputata a validare l’utilizzo dei farmaci, ha annunciato che già il 21 dicembre approverà il vaccino Pfizer. Entro fine anno anche a qualche italiano potrebbe essere inoculato dando così il via, anche simbolicamente, alla campagna vaccinale che dovrebbe portarci fuori da questa tragica pandemia. Semplice dirlo in poche parole, in verità tutto molto complicato. Il piano per vaccinare circa il 70% degli italiani, che ci consentirebbe di raggiungere una qualche “immunità di gregge”, è complesso: forniture, priorità di somministrazione, distribuzione sul territorio sono solo alcuni dei nodi su cui politica, scienziati e amministrazioni discutono.
E la gente? Come sta leggendo la sfida di una vaccinazione che non potrà che essere di massa per essere efficace? Dalle chiacchiere dell’uomo comune sembra di cogliere una certa incertezza. Se ci dicessero domani mattina: “Sei pronto a farti vaccinare contro il Covid?”. Come risponderemmo? I dubbi sulla sicurezza, su una validazione troppo veloce, sulla incerta durata degli anticorpi restano argomenti che le persone non hanno compreso a fondo e che una certa retorica noVax, forte anche nell’opinione pubblica italiana, continua a cavalcare. Basterà una buona campagna d’informazione a convincere gli italiani? Basteranno gli stand con “le primule” nelle piazze o i testimonial autorevoli (Mattarella, la regina Elisabetta e diversi Capi di Stato hanno già dichiarato che si faranno vaccinare) per abbattere le resistenze?
Per non reagire in maniera irrazionale e immotivato andrebbero adottate alcune attenzioni. Anzitutto ricordarci che per giungere a decisioni ponderate serve un’informazione autorevole, veritiera e non ideologica. Soprattutto quando si parla di salute questo è necessario. La responsabilità cade sugli organi d’informazione, ma anche su come e dove ciascuno di noi s’informerà.
Sul piano sanitario non è saggio agire per sentito dire. Sarebbe bene fidarsi degli organi istituzionali, di enti che hanno un’autorevolezza riconosciuta sul piano scientifico più che del parere dell’opinionista da strapazzo che si erge ad esperto o a difensore di presunti diritti individuali violati più per visibilità che a vantaggio del bene comune. Sul piano del diritto andrebbe almeno ricordato che, a nostra garanzia, anche la Costituzione all’art. 32 interviene in questo campo.
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Il richiamo ci rassicura sul diritto alla salute certamente sul piano individuale, ma non di meno ci ricorda che c’è un interesse anche collettivo a cui dobbiamo pensare. E non è un bene minore. Alla domanda, allora “sei pronto a vaccinarti domani”, come dovremo rispondere? Forse mettendo in campo il senso di responsabilità che abbiamo attuato in tutto questo tempo quando per combattere il Covid abbiamo aderito a restare a casa, a limitare gli spostamenti, le relazioni sociali e alle tante altre privazioni agli standard di quella che era la nostra vita ‘normale’. Lo abbiamo fatto per proteggere i nostri anziani e le persone più fragili. Domani o dopodomani la scelta di vaccinarsi o meno metterà in campo lo stesso senso di responsabilità. Non potrà essere una moda o una scelta di comodo. A chi compete continuiamo a chiedere serietà, competenza e chiarezza d’informazioni, ma non cediamo alla tentazione di vanificare il percorso d’uscita dalla crisi. Gino Strada, storico fondatore di Emergency, intervistato da Lucia Annunziata, ha sottolineato che per debellare la pandemia ci vorranno 2 o 3 anni. Forse anche dalle nostre scelte dipenderà se i tempi dell’emergenza saranno più brevi... sperando che Strada si sbagli.