Seduto sul baratro
Stavolta non ci vedo la solita morbosità nelle domande dei giornalisti a don Claudio Burgio (nella foto), cappellano appassionato e intelligente dell’Istituto carcerario minorile Beccaria. Chiedono di come è andata la confessione di Riccardo, il ragazzo di Paderno Dugnano che ha ammazzato tutta la sua famiglia. Non c’è curiosità, ma quell’angoscia che ha preso tutti noi per non sapere come spiegare.
E don Claudio va in questa direzione: “Ecco, anche i tanti tentativi di spiegazione su cui ci si affanna ora… credo lascino il tempo che trovano”. Non c’è nulla di convincente e di risolutivo in tutti i tentativi di razionalizzazione di eminenti studiosi, tanto che qualcuno di loro ha preventivamente alzato le mani e si è arreso alla realtà: non esiste una spiegazione. Questo ci angoscia, perché siamo abituati a schiacciare un bottone e ad avere più possibilità per uscire dai problemi (logica incredibilmente simile a quanto dice Riccardo: “Pensavo che uccidendoli tutti mi sarebbe passata la mia angoscia”). Quindi? Non si può far nulla? Nemmeno il cappellano sa dove andare? È così: nemmeno lui sa dove andare; ma sa dove stare: seduto sul baratro, tutto il tempo che serve, con Riccardo. Per attendere la sua voglia di rialzarsi: perché non possiamo spiegare tutto, ma fare un passo oltre sì.