Se il male non fa più notizia
Sono già trascorsi due anni dall’invasione russa dell’Ucraina. Sembrano lontane nel tempo sia le risposte nel campo dell’accoglienza sia le preoccupazioni di tipo monetario per l’andamento dei costi del gas. Tutto superato, per noi. Tutto aperto e incredibilmente incerto per le popolazioni che hanno i loro soldati al fronte impegnati in una guerra di logoramento senza veri spiragli di pace all’orizzonte. Tutto indecifrabile per chi si ritrova, quotidianamente, il suono delle sirene nell’aria. Una guerra che dura da troppo e che non viene più raccontata. Non c’è, però, solo l’Ucraina. E non c’è solo la lota tragica tra Israele e Hamas che sta distruggendo la Palestina. Nel mondo persistono 55 conflitti armati tra Stati, di questi otto hanno raggiunto il livello della guerra e 22 sono stati internazionalizzati, il che significa che una o entrambe le parti hanno ricevuto il supporto di truppe dall’esterno. Non fanno notizia perché non agitano le Borse. Per non parlare di quelle situazioni continuamente a rischio dove può bastare un battito di ciglia a scatenare l’inferno sulla terra. Sì, ancora una volta il settimanale diocesano sceglie, convintamente, di parlare di guerra e di pace: non possiamo, infatti, tacere di fronte a uno scenario internazionale che incute timore. Ognuno (anche un giornale) deve utilizzare gli strumenti che ha a disposizione per farsi sentire.
Lo scandalo della guerra ci interpella o non ci riguarda? Le vittime sono sempre e soprattutto persone che non portano le armi. E nessun teatro di guerra si risolve con gli armamenti. Sul terreno restano i cocci di una convivenza che diventa impossibile. Cosa possiamo fare allora? Proviamo, almeno, a tenere alta l’attenzione sulle situazioni di crisi, perché questo significa prevenire lo scoppio di focolai. Informiamoci, leggiamo, segnaliamo le ingiustizie. Non accontentiamoci del nostro benessere o della nostra libertà, perché non sappiamo se è per sempre. La guerra, su questo possiamo convenire, non è inevitabile; è il risultato degli errori, dei calcoli e dell’arroganza di chi detiene il potere o di chi vuole conquistarlo con la violenza e con la forza. L’effetto domino è devastante (anche per l’intensità dei mezzi utilizzati) in un mondo sempre più globalizzato. A noi resta l’indignazione. Forse.