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Roma
di FRANCESCO PROVINCIALI 25 mar 2025 13:28

Schwa, livella digitale dell'identità personale

Abbiamo bisogno di codici comunicativi che ci permettano di relazionarci in modo reciprocamente comprensibile, nel solco di una continuità di lunga deriva dove si sono consolidati e validati gli alfabeti che altro non sono che segni e simboli della cultura tramandata.

Quando però l’inclusione e il genere neutro diventano ossessioni, producono stili comunicativi ai limiti dell’assurdo: è il caso della “schwa”, la famosa “e” rovesciata (la posso solo immaginare perché la tastiera del mio vecchio pc ne è sprovvista) che dovrebbe – secondo il nuovo corso del comunicare per iscritto, sostituire le desinenze dei nomi, degli aggettivi e di tutto l’armamentario grammaticale che finora ci ha consentito di scrivere e di leggere, capendoci reciprocamente. Questo per evitare di “offendere” l’interlocutore usando il genere della persona o delle persone a cui ci si rivolge (perché – se ho ben inteso - la regola varrebbe anche per il plurale dove la e capovolta è sostituita da un 3 allungato). In pratica si tratterebbe di sostituire l’alfabeto in uso e il genere delle parole: una pensata originale ma francamente incomprensibile, che ricorda coloro che vogliono abolire il bacio del Principe ne ‘La bella addormentata’, perché sessista, non richiesto, insomma un vero abuso maschilista. Il mondo della cultura, specie quello Universitario, la stessa Accademia della Crusca si sta ribellando a questa ipotesi di stravolgere l’alfabeto in uso perché ciò comporterebbe l’azzeramento di secoli di cultura: in letteratura, poesia, negli epistolari, nei codici, negli atti di ogni tipo, tutto dovrebbe essere rivisto secondo la nuova metodica inclusiva per evitare distinzioni e discriminazioni di tipo sessista. Un teorema revisionista che viene definito “folle” dagli studiosi della lingua e non solo: il Ministro dell’Istruzione e del Merito è intervenuto vietando l’uso di asterischi e ‘schwa’ nei documenti ufficiali poiché pare che alcuni siano stati già adeguati alla nuova tendenza.

Si può immaginare il caos comunicativo che una novità del genere riverserebbe a cascata nel mondo della scuola, della P.A., degli uffici, delle banche, degli studi notarili qualora – come spesso accade per tutto ciò che ci viene imposto a nostra insaputa, per consuetudine subentrata o contro la nostra volontà – le aziende produttrici di PC, tablet e smartphone decidessero di adottare lo “schwa” sulle future tastiere.

Mettiamo sulla bilancia il peso di secoli di cultura sedimentata utilizzando l’alfabeto corrente, le difficoltà che molte persone – probabilmente la stragrande maggioranza- avrebbero nell’utilizzare una “e” rovesciata al posto delle desinenze attuali che indicano il genere del sostantivo o dell’aggettivo usato. Dobbiamo essere rispettosi di tutte le sensibilità ma non possiamo scoperchiare l’utilizzo dell’alfabeto finora adottato senza che nessuno ne abbia subito turbamenti esistenziali, per l’indecisione di chi non sa distinguere il proprio o altrui genere di appartenenza. Un mondo asessuato è razionalmente inconcepibile, ci basta e avanza la banale definizione di “genitore uno” e “genitore due”.

Per questo, chiosando la ribellione neanche tanto velata del mondo accademico, mi piace concludere utilizzando una frase trovata in una pagina di MicroMega: “Lo schwa? Una toppa peggiore del buco. È pericoloso sperimentare sul sistema della lingua senza prevederne i contraccolpi e le conseguenze sul piano della comunicazione”. Con “serenità e pacatezza” ma anche con pragmatismo e senza pregiudiziali ideologiche o politiche ogni novità che inizia a circolare sia razionalmente vagliata “cum grano salis” per evitare che in un mondo in cui è già difficile comunicare e capirsi, non succeda di trovarci nel bel mezzo di una incomprensibile babele linguistica.



@Ministro Valditara (Dalla pagina Facebook)

FRANCESCO PROVINCIALI 25 mar 2025 13:28

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