Sandro e la generosità degli alpini
Ora che Sandro Rossi non è più tra noi, a noi tocca il dovere di ricordare tutto il bene che egli ci ha consegnato...
Aspettando Giovanni Paolo II lassù alla Lobbia Alta, l’alpino Sandro Rossi, abilissimo nel trattare i numeri ma un po’ meno le parole, volle sapere se era meglio incominciare con un “Santo Padre…” papale-papale o con un solenne-solennissimo “Santità…”.
Gli dissi che a quelle altezze andava tutto bene e che il Papa avrebbe gradito l’una e l’altra, ma anche qualunque diverso approccio. Nonostante le premesse e le preoccupazioni, quando fu il suo momento Sandro, semplicemente, si limitò a dire “caro Papa…”. Ripensavo a quel tempo andato via così in fretta mentre la bara con le spoglie mortali dell’alpino Sandro Rossi (Presidente della sezione di Brescia per oltre vent’anni, Consigliere Nazionale e Vicepresidente Nazionale degli alpini), andato avanti domenica scorsa nonostante volesse star lì ancora almeno un giorno – giusto il tempo per salutare la truppa di amici e conoscenti –, lasciava la chiesa in cui aveva ricevuto l’ultima benedizione prima di raggiungere la vetta finale: un lembo di cielo per noi che avevamo condiviso le sue dolci e generose utopie; la nuda terra per tutti coloro che alle sue dolci e generose utopie avevano anteposto ragioni, utilità, opportunità e facili convenevoli. Aveva compiuto 82 anni (“tanti per chiunque – diceva –, ma non per un alpino”) e ne sperava altri in aggiunta, tutti da vivere secondo lo spirito della montagna, che chiede fatica ma che come ricompensa regala orizzonti di pace e di serenità in cui tuffarsi per sognare e poi disegnare un mondo migliore.
Sandro Rossi, ufficiale alpino di naia e bancario di professione, il suo mondo migliore lo aveva incominciato a disegnare e proporre aggiungendo alle solite adunate, ai ripetuti incontri e ai meditati pellegrinaggi ai luoghi della memoria e dell’affetto, occasioni per dimostrare concretamente che essere alpini era, soprattutto, una forma di generosità senza frontiere e senza aggettivi supplementari. Quando si trattò di ricordare l’epopea di Nikolajewka senza cadere nella retorica, per esempio, dopo aver ascoltato il grido di aiuto proveniente da coloro che in quel momento si occupavano di handicap e disabilità, insieme a coraggiosi innamorati del bene da fare bene, Sandro immaginò la costruzione di una scuola di arti e mestieri, che in ricordo della tragica epopea degli alpini consumatasi a Nikolajewka fosse in grado di regalare speranza e sorrisi a chi era costretto a vivere col peso della malattia appiccicato al corpo.
Trovò consensi e aiuti quell’idea benedetta! Così, in breve, il progetto lasciò le carte per diventare una casa fatta di mattoni, ognuno regalato dalla generosità delle penne nere e dei bresciani, tutti insieme “monumento eterno” di lode e ringraziamento per tutti gli alpini morti, non importa dove e quando, per la Patria. Ora che Sandro non è più tra noi, a noi tocca il dovere di ricordare tutto il bene che egli ci ha consegnato.