Ritrovare il senso nel lavoro
Solo 4 italiani su 100 si sentono coinvolti e appagati dal proprio lavoro (nella classifica di 38 Paesi europei siamo ultimi; la Germania è 21ª con il 16% di lavoratori soddisfatti; la Francia penultima con il 6%). La fonte è un recente studio di Gallup (“State of the global workplace 2022 report”), preoccupato per le conseguenze economiche di questo atteggiamento, perché i luoghi lavorativi dove le persone sono più coinvolte possono incrementare fino al 23% di profitto, mentre il costo di dipendenti meno motivati arriva a segnare una perdita calcolata in 7,8 trilioni di dollari.
Più allarmante il dato che, a segnare il passo dei delusi, siano i millennial e la Generazione Z: i più giovani e gli ultimi arrivati fanno fatica a trovare sia il lavoro sia il suo senso. Dalle nostre parti questo fenomeno per cui se una persona è centrata produce di più si chiama con un nome antico e un po’ in disuso, cioè vocazione. Significa coltivare qualcosa di tuo che viene dall’alto e va verso l’altro, con la capacità che questo atteggiamento verso la vita la possa moltiplicare, in alcuni casi con profitti che vanno dal centuplo in su. È simpatico che gli economisti ci dicano che il motore per fare ricchezza è avere in mano il senso della vita e farlo fruttare: quasi quasi sono più credenti di noi…