Riti buoni da ritrovare
Gli attacchi ai Palazzi governativi del Brasile ripercorrono, nelle modalità e nelle tempistiche, quelli di Capitol Hill di due anni fa. Il pestaggio fra tifoserie avvenuto in questi giorni in un piazzale di sosta di un autogrill sull’A1 è stato compiuto nello stesso luogo di un precedente pestaggio, organizzato con meticolosa ripetitività.
Mi impressionano queste azioni di male che hanno un proprio calendario da rispettare e dei propri luoghi di culto a cui ritornare, come in un pellegrinaggio, per rimarcare la propria forza e la propria presenza. Non è casuale questo salto di qualità rituale che fa leva sulla ripetitività, sul ricordo, sulla partecipazione a qualcosa di più grande del qui ed ora. L’abbiamo già visto e ne siamo esperti: la mafia, ad esempio, si abbevera di rito.
Nulla di nuovo, dunque. Ma con una novità sostanziale: chi sta facendo fatica sulla ritualità delle azioni siamo noi, coloro che vogliono costruire la società e non distruggerla (le chiese vuote, ahimè, testimoniano in casa nostra questa fatica). Senza riti buoni si fa fatica a trovare il senso e si alimenta il non senso: è un compito educativo e sociale che, forse, non è più rimandabile e che, oltre ad essere sacro, è profondamente laico.