Rinchiudersi o aprirsi?
“Un albero francese non somiglia affatto ad un albero italiano, mentre una collina italiana non somiglia nemmeno lontanamente a una collina francese”. Lo dice Totò all’inizio del film “La legge è legge”, considerando come il confine che va a zig zag tra le montagne serva a distinguere ciò che è mio da ciò che è tuo. I confini sono più vivi di quanto si immagini e dicono del modo con cui affrontiamo la vita.
Di esempi ce ne sono stati molti in questi giorni: lo scioglimento dei ghiacciai tra Svizzera e Italia ha costretto i due Paesi a ridisegnare i confini nazionali, a testimonianza del problema ecologico; i confini rigidi tra Curva Nord e Curva Sud dei tifosi interisti e milanisti sono stati violati per poter fare affari; i confini calpestati dagli eserciti stanno spingendo sempre più in là il mondo verso terre di guerra. Come custodire con intelligenza il confine è questione politica antica e delicata e una civiltà si decide anche dal modo con cui intendiamo gestire il nostro confine (consiglio la lettura del libro “I 47 confini che dividono il mondo” di Jonn Elledge, edito da Garzanti).
Rischiamo di amare troppo i confini o, al contrario, di volerli sempre superare: rinchiudersi o aprirsi? Dipende da quanto, in realtà, un albero italiano sia realmente diverso da un collega francese.