Avanti con la Buona scuola
Adesso ci sono, finalmente, i decreti attuativi. E la Buona Scuola va avanti. Erano 9 le deleghe previste dalla legge di riforma del 2015 e nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo a 8 provvedimenti: per le modifiche da apportare al Testo unico sulla scuola sarà previsto un disegno di legge delega specifico e successivo
Adesso ci sono, finalmente, i decreti attuativi. E la Buona Scuola va avanti. Erano 9 le deleghe previste dalla legge di riforma del 2015 e nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo a 8 provvedimenti: per le modifiche da apportare al Testo unico sulla scuola sarà previsto un disegno di legge delega specifico e successivo. I decreti varati riguardano molti temi e vanno dal sistema di formazione iniziale e di accesso all’insegnamento nella scuola media e superiore fino alle nuove norme per gli Esami di Stato (Terza media e Maturità). Si occupano dell’inclusione scolastica di studentesse e studenti con disabilità, della revisione dei percorsi dell’istruzione professionale, del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni (con inclusione degli asili nido), di diritto allo studio, della promozione e diffusione della cultura umanistica, del riordino della normativa sulle scuole italiane all’estero. Per la ministra Valeria Fedeli i provvedimenti approvati migliorano la qualità del sistema di istruzione: “Mettono le studentesse e gli studenti al centro di un progetto, che parte dalla nascita grazie al sistema integrato 0-6 anni, per dare a tutte e tutti pari opportunità di accesso alla conoscenza, strumenti per costruire il proprio futuro, una formazione adeguata a standard e obiettivi internazionali”.
Non solo: “Valorizzano la professione docente, insistendo sulla formazione e sulla qualità del reclutamento, mettono tutto il personale della scuola al centro del progetto di rilancio del sistema a partire dal tema, importantissimo, dell’inclusione delle alunne e degli alunni con disabilità”. La questione della formazione è tra le più delicate. E una prima sottolineatura riguarda la necessità, per chi vuole fare l’insegnante, di avere conseguito, nel proprio percorso di laurea, almeno 24 crediti universitari in settori formativi psico-antropo-pedagogici o nelle metodologie didattiche. Sembra banale, ma, in sostanza, si ribadisce che un buon insegnante non è colui che conosce alla perfezione la sua materia (matematica, fisica, inglese, italiano…), ma un “professionista della scuola”, con competenze riconosciute nell’ambito specifico dell’attività relazionale e di insegnamento/apprendimento. Niente di particolarmente nuovo sotto il sole, ma insistere nel prevedere il requisito dei 24 crediti come necessario per l’accesso ai concorsi è importante. Così come il percorso successivo previsto: chi passa la selezione concorsuale – 2 scritti (3 per il sostegno) e un orale – entra in un percorso triennale di formazione, inserimento e tirocinio (Fit), con una retribuzione crescente che parte fin dal periodo della formazione. I docenti vengono valutati per tutta la durata del percorso.
Alla fine del triennio, se la valutazione è positiva, vengono immessi in ruolo. Si delinea un percorso certo e definito per diventare insegnanti e, insieme, si lascia intendere che a insegnare si impara. Naturalmente nei decreti c’è di tutto e di più. Impossibile renderne conto qui e si potrà tornare in seguito su specifici argomenti. La questione della formazione sembra però un aspetto decisivo, a patto che non venga frainteso con la sola dimensione burocratica-amministrativa. Più volte lo abbiamo detto: per la Buona Scuola servono i Buoni Insegnanti. Non solo loro, certo. Ma sono un indispensabile punto di partenza.