Riarmare l’Europa?

Il piano “ReArm Europe” della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha un merito: chiamare le cose col loro nome. È di fatto un piano per riarmare i paesi dell’Unione europea. O, per essere più precisi, per permettere agli Stati membri di indebitarsi per incentivare la produzione delle proprie industrie militari e riempire i propri arsenali nazionali. I cinque punti del piano prevedono di: “consentire l’uso dei finanziamenti pubblici a livello nazionale” creando per la difesa uno spazio fiscale di quasi 650 miliardi di euro; definire un “nuovo strumento” che “fornirà 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa”; utilizzare il bilancio dell’Ue “per indirizzare più fondi verso investimenti legati alla difesa”; mobilitare il capitale privato e i finanziamenti della Banca europea per gli investimenti. Non sono previsti, quindi, né un progetto di difesa europeo, né un esercito e delle forze armate europee e nemmeno la riorganizzazione delle industrie nazionali della difesa: è un piano tutto a favore delle industrie militari nazionali. Ma i paesi dell’Ue hanno la necessità di riarmarsi? Non si direbbe considerato che, come riporta il sito del Consiglio europeo, nel 2024 gli Stati membri hanno speso 326 miliardi di euro per la difesa con un aumento del 30 percento rispetto al 2021.
I paesi dell’Ue non hanno mai speso cosi tanto nel settore militare: la loro spesa complessiva nel 2024 è stata di 547,5 miliardi di dollari, ben superiore a quella della Federazione russa (461,6 miliardi di dollari). Gli Stati europei, nel loro insieme, non sono meno armati della Russia né nel settore navale, né in quello aeronautico e nemmeno in quello terrestre. C’è una sola differenza sostanziale tra gli armamenti della Federazione russa e dei paesi europei: il numero di testate nucleari. Ma se l’obiettivo degli incentivi alle aziende militari è creare un arsenale nucleare europeo andrebbe detto ai cittadini. C’è invece un settore in cui l’Unione europea è fortemente carente: la politica estera. Ma non è incrementando gli armamenti che si definisce una politica estera, di difesa e di sicurezza comune. Il primo passo, ormai indispensabile, dovrebbe essere quello di convocare una Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Russia compresa, come quella che portò nel 1975 agli Accordi di Helsinki.
