Responsabili delle fragilità
Fragili sono tutte quelle persone che vivono una condizione di fragilità. E la fragilità è di svariati tipi. Fragili sono i malati psichiatrici, spesso soli e non capiti
Quando pensiamo a quel Gesù Bambino appena riposto nelle scatole in cui conserviamo l’occorrente per allestire il presepe, ci impietosiamo immaginandolo mezzo nudo, all’aperto, col solo riparo di una tettoia sulla testa. È facile pensare a questa fragilità, alla fragilità di un bambino e, per di più, in quelle condizioni. E noi pensiamo di essere esonerati da una qualche responsabilità dato che quella fragilità non ci interpella, così lontana da noi, in tutti i sensi. Ma quante altre fragilità invece vicino a noi dovrebbero interpellarci? Chi sono i fragili? Cos’è la fragilità? Non esiste solo quella fisica, quella di un bambino. Non esiste solo quella di Gesù Bambino. Fragili sono tutte quelle persone che vivono una condizione di fragilità. E la fragilità è di svariati tipi. Fragili sono i malati psichiatrici, spesso soli e non capiti. Fragili sono i tossicodipendenti, schiavi di sostanze e che vivono una non vita. Fragili sono gli alcolisti, che hanno perso affetti e stima. Fragili sono certi colleghi insopportabili e per questo isolati e coperti di critiche e maldicenze. Fragili sono gli ex carcerati che non trovano lavoro o non lo sanno mantenere. Fragili sono certi vicini di casa, che non sono cattivi, ma hanno problemi. Fragili sono certi parenti con cui manteniamo a malapena uno straccio di rapporto perché antipatici. Fragili sono gli anziani istituzionalizzati che elemosinano visite e sono spostati sulla carrozzella senza neanche avvertirli dello spostamento. Fragili sono i dementi, così indifesi. Fragili sono i familiari di malati con patologie degenerative, che non sanno come sarà il prossimo Natale. Fragili sono le donne maltrattate, che non sanno dire basta. Fragili sono le famiglie in difficoltà economica… E chissà quante altre fragilità possiamo identificare. Di queste fragilità potremmo occuparcene, incontrarne lo sguardo e prendercene cura, perché non sono nel presepio, ma nella nostra realtà concreta. Smettiamo di impietosirci sterilmente guardando la statuina di Gesù Bambino, non lasciandoci invece interpellare e coinvolgere da altre fragilità in carne e ossa.