Resilienza non è invulnerabilità
La parola resilienza è ormai entrata nel linguaggio comune, ma cosa significa questo termine? Abbiamo preso questo concetto dalla scienza dei materiali, per la quale resilienza indica la proprietà che hanno alcuni elementi di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. In ambito psico pedagogico, essa è la capacità di adattamento dinanzi a situazioni molto stressanti, che si incontrano lungo il ciclo di vita; di funzionare bene malgrado eventi problematici e difficoltà.
Secondo F. Walsh la resilienza è “la capacità di riprendersi e di uscire più forti e pieni di nuove risorse dalle avversità”. Spesso si confonde la resilienza con l’invulnerabilità, ma i due concetti sono molto diversi. Essere resilienti, infatti, implica riconoscere la vulnerabilità e la fragilità umana, provare dolore e sofferenza, ma affrontarli in modo competente. In tal senso, spesso le situazioni di crisi e le avversità possono far emergere il meglio di noi stessi, in quanto ci mettono nella condizione di “tirare fuori” le risorse, che non sapevamo nemmeno di avere. La nozione di crisi assume, dunque, nuove caratteristiche: essa è da intendersi come confine, apertura di possibilità, non solo segnalazione di un pericolo e problematicità.
Da ciò ne consegue che una persona resiliente è colei che è in grado di trarre vantaggio da momenti particolarmente difficili, imparando da essi, e di trovare la forza per cambiare, cogliendo inedite opportunità e possibilità. In gioco, pertanto, non c’è solo l’abilità di superare gli aspetti negativi associati ad una situazione rischiosa e di farvi fronte, ma anche quella di utilizzarla al meglio e renderla positiva. Non si tratta di resistenza passiva, bensì di capacità di rialzarsi. Essa è una risposta attiva alle crisi e difficoltà e, pertanto, è qualche cosa di più della sopravvivenza e resistenza, poiché implica un miglioramento.
Un contesto importante in cui la resilienza si realizza è la famiglia e si parla, in tal senso, di resilienza familiare. Tale approccio sottolinea il potenziale di cambiamento e di autoriparazione delle famiglie nonostante le crisi e le difficoltà che si trovano a fronteggiare. In questo modo ci si allontana dal mito secondo il quale le famiglie sono “normali” se non hanno problemi. All’opposto, si intende ribadire che le famiglie, pur nelle criticità relazionali, possono riprendersi e rigenerarsi. È dunque importante sostenere le persone e le famiglie affinchè dalle situazioni di sofferenza e di dolore possano giungere ad una riprogettazione esistenziale.