Rapporti moderni
Due amici stanno cercando, in una via di un paese di provincia, l’abitazione di una famiglia che recentemente ha perso una giovane figlia. I due conoscono la via, ma non il numero civico. Chiedono ad una prima signora, intenta a far qualcosa nel suo giardino; non sembra sentire bene, ma, molto diffidente (seppur in pieno giorno e protetta da un cancello) non si avvicina per udire meglio e se la sbriga consigliando di suonare al campanello del vicino. I due chiedono ad un signore a passeggio col cane: non ne sa niente. Chiedono ad un terzo, che sta zappando il suo orto: nemmeno lui ne sa niente. Non sa niente del dramma che stanno vivendo i suoi vicini, ma, in compenso, ha un orto bellissimo. Sono sempre nella via giusta.
Chiedono ad una quarta persona: non ha sentito niente, non conosce tale famiglia. I due sono allibiti: pensavano che bastasse la via e, poi, nella zona, chiunque avrebbe dato loro una simile informazione, data la particolarità e gravità dell’evento successo nella loro via, praticamente ad un loro vicino. Questi vicini potrebbero essere gli stessi che, se fosse successo un efferato omicidio\femminicidio nella loro via, avrebbero risposto ai giornalisti: “Era una famiglia\coppia normale: non abbiamo mai sentito niente”. Un fatto del genere è degno di nota perché potrebbe essere preso come segno concreto del tipo di rapporti che odiernamente spesso esiste (o meglio, non esiste) tra le persone. E questo, a sua volta, è solo il segnale del tipo di valori sottostanti, perché i valori non sono qualcosa di astratto, ma si traducono in atteggiamenti e comportamenti. Sembra che l’egocentrismo la faccia da padrone: è importante l’individuo, la soddisfazione dei bisogni individuali, il proprio orto.
Viene quindi meno l’impegno sociale, civile. Viene da chiedersi se l’individualismo, l’egocentrismo estremizzati possano spiegare quell’assenza di empatia, quel non mettersi dal punto di vista della vittima, che spesso sembra accompagnare i vissuti e seguenti racconti di giovani aggressori, protagonisti di atti di reato. Ciò potrebbe spiegare non solo perché vengono effettuati, ma addirittura filmati certe aggressioni, violenze (sessuali e non), atti di bullismo. Compiere un’aggressione può essere un atto impulsivo da parte di una persona che ha problemi nel gestire gli impulsi (non per questo giustificabile), ma filmare è un atto più razionale, pianificato. Sembra che la vittima venga reificata, cioè percepita come una cosa, senza quindi emozioni, sentimenti, dolore, usata per soddisfare bisogni di vario tipo, forse in primis, quello di avere visualizzazioni. E sentirsi, così, visibili.