Quel desiderio di pace
Nell'emergenza brilla la solidarietà dei bresciani
In tutto il mondo si respira il desiderio di pace. È un segnale bello da non sottovalutare e da coltivare. C’è una risposta corale alla violenza. Lo dicono le piazze che si riempiono per manifestare: il silenzio di milioni di persone diventa un grido assordante anche per chi, come Putin, si sta fregiando di crimini contro l’umanità. Le sanzioni economiche mirate (e anche quelle sportive che hanno una maggiore presa sul popolo) sono la risposta migliore per indebolire un regime dittatoriale. Così come gli attacchi informatici. Non possiamo, però, condividere a cuor leggero l’invio di un arsenale a un esercito “raccolto” in strada tra riservisti e volontari. L’Unione Europea, che fino a poche settimane orsono ha tranquillamente venduto le armi alla Russia e all’Ucraina, sceglie di armare ulteriormente una nazione. Evidentemente non comprendiamo fino in fondo i rischi che corriamo alimentando un mercato di morte. Che fine hanno fatto i Caschi Blu? La narrazione dell’eroismo ucraino non deve far passare sotto traccia che una generazione di bambini e ragazzi cresceranno senza i loro padri mandati al massacro. La ricostruzione dell’Ucraina non sarà e non potrà essere solo fisica.
L’Ue decide da un lato di fornire materiale bellico e dall’altro continua a foraggiare con l’acquisto di petrolio e gas l’invasore. Forse si poteva fare uno sforzo in più per chiedere a tutto il popolo europeo, in nome della difesa del valore della vita, un sacrificio maggiore. Ridurre in Europa per un periodo limitato i consumi significa avvicinare al fallimento il gigante russo. Se oggi è una strada complicata, già dal 2014 (e quindi dalla guerra in Crimea) si potevano diversificare le fonti. Nell’emergenza ancora una volta spicca la generosità dei bresciani, anche se nella donazione è bene sempre utilizzare i canali ufficiali senza affidarsi all’improvvisazione specie in un contesto instabile come quello odierno. In prima linea la Caritas Diocesana che ha chiesto alle parrocchie e ai cittadini di accogliere. La campagna di solidarietà ha coinvolto diversi oratori tra cui Pontoglio e molte scuole (tra queste il Canossa Campus). Fondazione Comunità e Scuola ha donato a più di 350 istituti scolastici la bandiera della pace, perché anche i segni parlano.
In Cattedrale, guidati dal Vescovo, abbiamo pregato per la pace nel primo giorno di Quaresima, rispondendo all’appello del Papa. La preghiera “per accendere sentieri di luce e di pace” ha coinvolto la parrocchia di Manerbio e le donne ucraine che accudiscono gli anziani della comunità. A Muscoline il Sindaco ha invitato i suoi cittadini a mettere a disposizione le case sfitte per accogliere i profughi, che, secondo l’Onu, supereranno i quattro milioni. Non possiamo, però, dimenticare cosa avviene lontano da noi. Anche queste popolazioni hanno bisogno di non sentirsi abbandonate. Secondo i dati dell’Atlante delle Guerre e dei conflitti del mondo elaborati da Lavialibera, rivista di Libera e del Gruppo Abele, sono 34 le guerre e 15 le situazioni di crisi che scuotono il pianeta. Inutile ricordare che cresce l’investimento nella spesa militare. Più armati e meno sicuri. Ha ragione don Luigi Ciotti quando afferma che “bisogna costruire le condizioni per una pace non armata, non contingente, non basata su interessi economici convergenti ma su un’etica globale della condivisione, della corresponsabilità, della fratellanza. Non c’è pace senza giustizia”.