Quarantaquattro rilievi in fila per sei...
Quarantaquattro rilievi in fila per sei... con il resto di due
Non c’è niente da fare: le leggi annuali di bilancio con il corollario del “decreto milleproroghe” – una specie di serbatoio a latere che inghiotte tutto ciò che non sta nella prima - sono gli atti legislativi più complessi, impegnativi e incerti di ogni legislatura.
Tutto sembra facile visto dall’opposizione di turno ma gestire le finanze pubbliche e dare un assetto razionale e corrispondente al soddisfacimento di bisogni e urgenze è compito oggettivamente arduo e problematico.
L’elevato numero degli emendamenti complica ulteriormente le cose, difficile prevedere tutto, accontentare tutti, sciogliere i nodi al pettine.
Si arriva sempre al traguardo con il fiatone: sedute notturne, lavori febbrili in commissione, si vuole migliorare i testi che poi vanno in aula ma spesso complicando le cose, dimenticando i passaggi obbligati e bypassando le previsioni di spesa: ogni legge dello Stato deve avere una copertura su questo aspetto il Quirinale presta la massima attenzione.
Forse se si preparassero le cose per tempo ci sarebbe meno affanno e soprattutto meno confusione.
Anche in questa occasione, la strada per giungere all’approvazione della legge fondamentale dello Stato è stata tortuosa, irta di sorprese, incerta tra conferme e smentite, un occhio ai conti pubblici e l’altro alle decisioni da assumere, in genere rivedute e corrette secondo il criterio dell’accontentare tutti.
Una specie di letto di Procuste che si allunga e si accorcia ma tra conciliaboli, asserzioni, mediazioni, piglio decisionista e revisionismo di maniera prima o poi per chiudere il tormentone impone inesorabilmente il voto di fiducia. Fino all’ultimo step tutto è magmatico e fluttuante, entra questa norma ed esce quella, ci sono i collegi elettorali da gratificare, l’Europa arcigna che ci osserva, qualche contentino all’opposizione, ma il tentativo di salvare qualcosa di organico e identitario, che connoti l’orientamento ideologico, culturale e politico del governo di turno finisce sovente in una mediazione al ribasso, stemperando i toni, abbassando le ambizioni mentre la ripartenza del fatidico ascensore sociale, metafora del volano economico che deve rimettersi in moto, viene di fatto rinviata: sarà oggetto di analisi del prossimo Rapporto CENSIS che spiegherà che cosa non funziona della politica in Italia.
Tutto diventa un rituale scontato: questa fatica di fine anno solare mi fa venire in mente la ripartenza di ogni anno scolastico che ritrova puntuali tutti i problemi e le disfunzioni di quello precedente.
Qui si chiude, là si apre ma tutto è sempre provvisorio e posticcio fino all’ultimo.
Come scrisse un arguto Thomas Bernhard siamo in genere sempre più impegnati a preparare che a fare.
Quest’anno si aggiungono i rilievi della Ragioneria dello Stato: 44 sono un po’ tanti e ciò significa che non si sono fatti bene i conti prima.
Tra tutti quelli contestati dai Ragionieri dello Stato spiccano le tutele dei lavoratori fragili, ferme al palo dell’incertezza fino all’ultimo nanosecondo (una vera vergogna, considerata la problematica sottesa e connessa) e il bonus per gli studenti meritevoli.
Per evitare di transitare ignominiosamente nell’esercizio provvisorio alla fine una soluzione si troverà. Mentre scrivo mi giunge il testo finale su cui il Governo porrà la fiducia. E se alcune cose non andranno bene si potrà sempre rimediarle con il nuovo anno: anche se questa non è la migliore idea di democrazia possibile.
Tra ciò che pare resti invariato la novità della caccia ai cinghiali nei centri urbani mi pare la più iconica e coreografica: da un lato descrive in che condizioni ci siamo ridotti, dall’altro – nonostante le rassicurazioni del relatore del provvedimento che sarà sicuramente votato – si ha l’impressione che venga demandato ai cittadini un compito che spetterebbe alle autorità amministrative e sanitarie locali.
Sembra di tornare all’età della pietra e non è rassicurante pensare che girino persone armate per la mattanza del peloso porcello. Senza contare gli aspetti igienici: ci siamo infettati di Covid per passaggio del virus dall’animale all’uomo, si spera di non finire – come dicono i francesi – ‘à la guerre comme à la guerre’.