Quant’è bella una ruga
“Vorrei incontrarti tra cent’anni”, cantavano tempo fa (Sanremo 1996) Ron e Tosca, descrivendo quali caratteristiche li avrebbe portati al riconoscimento dell’altro. Nel 2019, a distanza di più di vent’anni, la canzone perde completamente la propria magia visto che basta farsi un selfie con faceapp, la nuova applicazione di moda in questo momento, per scoprire come sarà il proprio volto
“Vorrei incontrarti tra cent’anni”, cantavano tempo fa (Sanremo 1996) Ron e Tosca, descrivendo quali caratteristiche li avrebbe portati al riconoscimento dell’altro. Nel 2019, a distanza di più di vent’anni, la canzone perde completamente la propria magia visto che basta farsi un selfie con faceapp, la nuova applicazione di moda in questo momento, per scoprire come sarà il proprio volto, e quello della persona amata, tra cent’anni.
Scherzi a parte, i profili social, tanto dei vip quanto dei comuni mortali, in questi giorni si sono riempiti di volti ricchi di rughe, capelli grigi e teste più o meno calve. Le fotografie, riviste proprio attraverso l’app in questione, vengono modificate per offrire il proprio volto avanti negli anni. Tralasciando i pericoli che riserva ogni app che accede ai dati di ciascun utente (primo tra tutti: che fine fanno le mie fotografie, ma chi ha a che fare con social e quant’altro dovrebbe esserne già informato), colpisce la scelta di invecchiare. Sì, perché l’applicazione in questione permette di modificare la propria immagine, con alcune semplici icone, per migliorare la foto, ringiovanire il soggetto o invecchiarlo. In un mondo, in modo particolare quello social che ha una ricaduta nella vita di tutti i giorni, si tende a eliminare i difetti, a offrire scampoli di vita ritratta nel migliore dei modi, si pensa ad apparire belli, giovani, vincenti e affascinanti... Un mondo culturale che attraversa gli smartphone, passa per le tv e permea il modo di vedere la realtà: ogni scatto/persona/location/situazione deve rispondere a determinati canoni estetici imposti da chi… tanto bene non si sa, ma.
La scelta di invecchiarsi, fatta quasi per gioco da molti, rompe questi schemi e, se da un lato per qualcuno è ancora atto edonistico, per mostrarsi belli con le rughe, forse sottotraccia può passare l’idea che le rugosità non siano un male; forse può passare l’idea che dietro ad un capello grigio, dentro una increspatura ci siano storie di vita. E se il meccanismo culturale spesso spingeva a cercare di rimanere giovani/adolescenti per sempre, già lo ricordava Lorenzo il Magnifico “quant’è bella giovinezza”, forse, oltre l’intento dei creatori dell’app o del vip che prova a vedersi nel tempo, al di là dello schermo si cercherà di guardare con interesse chi le rughe le ha davvero, perché qualcosa da raccontare quelle pieghe che segnano il volto di molti sono ricche di identità, storia e valori che i nostri schermi, sempre tirati a lucido, non permettono di leggere.