Quale legge elettorale?
Non è ancora chiaro con quale legge elettorale si andrà alle urne nella prossima primavera, ma il tema delle alleanze tra i partiti è diventato di stringente attualità a motivo dell’importante appuntamento delle regionali siciliane
Non è ancora chiaro con quale legge elettorale si andrà alle urne nella prossima primavera, ma il tema delle alleanze tra i partiti è diventato di stringente attualità a motivo dell’importante appuntamento delle regionali siciliane. Importante per l’oggettiva rilevanza della consultazione: sono interessati 4 milioni e 600mila elettori e si decide la guida politica della quarta Regione più popolosa d’Italia, con tutte le specificità della sua situazione sociale e della sua autonomia statutaria. Importante, però, anche per la sua natura di corposo test in vista delle elezioni politiche, reso ancor più delicato dalle potenziali ripercussioni sui passaggi parlamentari della legge di bilancio, stante la sostanziale contemporaneità delle due scadenze. In Sicilia si vota infatti il 5 novembre e almeno un mese prima devono essere presentate le candidature. Ma i partiti sono in movimento già da tempo e dai loro comportamenti emergono chiavi di lettura utili per interpretare anche lo scenario politico nazionale.
In Sicilia il primo a scegliere il candidato è stato il Movimento 5 Stelle, con una rincorsa lunghissima che si spiega con l’ambizione di utilizzare un’eventuale vittoria alle elezioni siciliane – sarebbe la prima a livello regionale per i grillini – come trampolino per le politiche. Il M5S si è mosso in totale isolamento rispetto agli altri partiti e così accadrà anche alle politiche, quale che sia la legge elettorale. Il centro-destra, che pure alcuni mesi fa sembrava diviso da posizioni almeno in apparenza incompatibili, è riuscito a trovare la quadra e avrà un candidato unitario, sostenuto da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Non è difficile ipotizzare che sarà questa anche la soluzione a livello nazionale. Se la legge elettorale resterà quella in vigore, alla Camera il centro-destra metterà in campo con ogni probabilità un “listone” unico, mentre al Senato, dove il sistema premia le coalizioni e non le singole liste, si presenterà come un’alleanza di partiti collegati.
Anche il centro-sinistra ha provato a costruire in Sicilia un raggruppamento onnicomprensivo (dalle forze a sinistra del Pd ad Alternativa popolare di Alfano) intorno a un candidato “civico”, ma l’operazione non è andata in porto. Mdp, il gruppo politico nato dalla scissione a sinistra del Pd, si è sfilato, anche se nell’insieme di quell’area la situazione resta fluida, vista la posizione autonoma di Pisapia con il suo “Campo progressista”. Il problema è analogo se proiettato in chiave nazionale, tanto più che alla Camera – come si diceva prima per il centro-destra – il sistema in vigore spinge verso il “listone” unico e a sinistra del Pd sembra indigeribile la presenza dei centristi di Alfano, a loro volta attraversati da profonde tensioni.Certo, di qui alle elezioni politiche c’è ancora un bel tratto di strada e al momento non è possibile prevedere l’esito definitivo dei processi in corso, su cui lo stesso risultato delle elezioni siciliane avrà sicuramente un peso. Ma i movimenti dei partiti e fra i partiti non cambiano lo scenario di ingovernabilità che è ragionevole aspettarsi dalle urne, almeno con l’attuale sistema elettorale, con un Parlamento diviso in tre blocchi più o meno equivalenti, per giunta non coesi al loro interno.