Proclami e piroette in cerca del voto
In questa Repubblica la politica sembra più lo spazio per l’esibizione di qualche saltimbanco che “la più alta forma di carità” e di servizio verso il bene del popolo. Amara constatazione.
In questa Repubblica la politica sembra più lo spazio per l’esibizione di qualche saltimbanco che “la più alta forma di carità” e di servizio verso il bene del popolo. Amara constatazione. Le giornate trascorse dalla bocciatura della riforma costituzionale, passando per la sentenza della suprema Corte sull’Italicum, fino alla nuova scadenza delle motivazioni della sentenza fino al pressing del segretario del Pd per raggiungere un patto blindato sulla legge elettorale da portare in Aula il prossimo 27 febbraio, offrono agli italiani uno spettacolo desolante. Piroette, salti mortali e ogni genere di contorsionismi di partito si mescolano a strategie, proclami e calcoli che nulla hanno a che fare col Paese e i suoi problemi.
C’è da fare anzitutto una valutazione politica. Il referendum del 4 dicembre voleva innestare nell’assetto istituzionale dello Stato una nuova linearità politica di pesi e contrappesi, regole e compiti che, a dire dei promotori, sarebbe stata più efficace e idonea a gestire la complessità del tempo presente. Avrebbe sostituito il disegno immaginato dai Padri costituenti dopo il secondo conflitto mondiale. Il problema è che, una volta bocciata la riforma, non ci è stata restituita la purezza di un sistema di partiti che si confrontano lealmente nel dibattito politico per governare il Paese, ma, da qualche settimana, siamo ripiombati nella palude confusa dei tatticismi e del “voltagabbanismo” tipico della peggiore partitocrazia.
Non poteva essere diversamente. La mancanza degli ingredienti fondamentali della Prima Repubblica fatta da partiti degni di questo nome, con una solida impostazione valoriale di riferimento alle spalle non c’è più e non tornerà. Vige allora la legge: ognuno pensi per sé e cerchi di portare a casa tutto quello che è possibile. Non c’è altro modo per leggere la corsa spasmodica di qualcuno, come la Lega, il Pd renziano e i pentastellati, verso il voto senza la garanzia di una governabilità certa. Troppa la tentazione della resa dei conti, troppo alto il rischio che dopo il voto la nebbia diventi ancora più fitta. Dall’altro lato chi si fa paladino del concetto di rappresentatività in senso proporzionale in Parlamento come Forza Italia, pezzi Dem e Sinistra italiana punta altresì a diventare nella futura legislatura l’ago della bilancia del sistema politico italiano. Insomma in base ai pesi e ai contrappesi potremmo trovarci un Berlusconi che gioca a fare il Craxi degli anni ’80 con un Pd primo partito in cerca di alleanze o magari un Salvini che fa lo stesso con il M5s. “Non è vero, alle elezioni andremo soli e puntiamo al 40%”. Favole che si devono raccontare in campagna elettorale. Dopo il voto non ci sarà scampo, pena tornare alle urne come già successo in Spagna e non senza rischi. Pertanto, mentre un governo c’è e lavora, forse i parlamentari e i segretari di partito dovrebbero tacere di più e arrivare a breve a una legge elettorale spendibile per un governo stabile dell’Italia. Un auspicio che anche questa volta scrivo, con poca speranza che questo accada davvero.