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11 giu 2015 00:00

Prima di parlare, pensa...

Le reazioni alla lettera di padre Mario Toffari denotano una certa superficialità e maleducazione. Lo sostiene don Adriano Bianchi nell'editoriale del n° 23 di Voce

Il dibattito non ci spaventa e non ci può spaventare. Vale per una società democratica, vale per la Chiesa. Ciò che amareggia è la pretesa di esclusività con cui alcune posizioni pretendono di avere spazio magari demonizzando l’avversario, il detto e non detto, la percezione che esistano sempre dei secondi fini, la maleducazione, l’ignoranza e l’incompetenza, la mania di protagonismo e di apparire ad ogni costo, la gara a “chi la spara più grossa”.
È uno status permanente di tutta una società quello di dimenarsi in un confronto di posizioni opposte. Abbiamo un’opinione pubblica in costante stato di conflittualità. Segno di vitalità? Forse, quando però non rasenta l’autodistruzione del tessuto sociale. Ormai si discute su tutto e su tutti. Argomenti, situazioni, persone. Alcune sensate, altre costruite ad hoc per creare polemica, gossip, delegittimazione. Nessun ambito della vita umana e sociale è risparmiato, lo sappiamo. Si parla di politica come della vita della Chiesa. L’importante è che se ne parli e con le stesse dinamiche si discuta sia a livello locale che internazionale.

Così si polemizza sul Papa, come sul parroco di periferia, del sindaco come del presidente del Consiglio. La sindrome dei più beceri talk show ha investito tutta la nostra vita. Alla faccia della privacy e della riservatezza, soprattutto nei social media, passiamo facilmente dal ruolo di vittime a quello di carnefici. È un triste gioco al massacro. Un tempo era semplice maldicenza, oggi è cyberbullismo, a volte calunnia o diffamazione. Qualche esempio? Andate a leggervi i commenti su Facebook all’intervento di padre Mario Toffari che, in accordo col Vescovo, è intervenuto nei giorni scorsi in reazione alle affermazioni del presidente della Lombardia Roberto Maroni. Non colpisce il dissenso di molti, anche cattolici, ma il livore con cui si propongono le argomentazioni contrarie.

La superficialità, il pressappochismo, il parlare per frasi fatte, misto a ignoranza e maleducazione, non aiutano certo il dibattito su un tema così complicato come l’accoglienza dei profughi. Diffonde una dura nota di dissenso. Più interessante sarebbe sentire cosa avrebbero da dire questi detrattori davanti alle argomentazioni, alle storie, ai dati che padre Mario Toffari potrebbe semplicemente raccontare o anche solo di quello che accade o è accaduto a Brescia in questi anni.

Un altro esempio? Basta vedere come viene gestito il dibattito sui temi delle unioni di fatto, gay o del gender. Abbiamo tutto l’arco costituzionale sia dentro che fuori la Chiesa: da chi esalta il Papa solo quando pare dar ragione alle proprie posizioni, a chi lo censura intenzionalmente se pronuncia frasi fuori dal “politicamente corretto”. E nel Paese, Brescia compresa, l’incapacità di misurasi con equilibrio e saggezza sul tema porta facilmente da un lato alle gogne mediatiche e dall’altro ai presidi pubblici di dissenso. Insomma, forse stiamo perdendo un poco il senno.

Si potrebbero aggiungere tante piccole storie di paese ormai gestite in termini scandalistici e gossippari. Quello che stava un tempo nelle botteghe e fra i banchi del mercato ora è sui giornaletti scandalistici di paese è ancora di più nei gruppi Facebook “Sei di...se”. Ripeto, il dibattito non ci spaventa e non ci può spaventare, ma talvolta manca il buon senso e il rispetto delle persone. Il surplus di responsabilità che oggi ci è richiesto non è solo nella comunicazione dei giornali o delle televisioni, ma è di tutti, poiché a tutti è dato ormai di essere protagonisti non solo di idee, ma di strumenti e del modo, del tono e dello stile con cui le idee vengono comunicate. Pertanto sarebbe saggio tornare a ripetere che prima di parlare e scrivere (soprattutto in Facebook), bisognerebbe pensare, almeno un pochino.
11 giu 2015 00:00