Poveri e soli
Alla voce “nuove povertà” dobbiamo inserire, anche sul nostro territorio, la categoria dei padri separati. Arrivano a dormire in macchina perché il peso degli alimenti e del mutuo acceso non permettono, con il carovita, di avere altre soluzioni. Sono lavoratori ai quali non basta più lo stipendio per vivere dignitosamente. Frequentano le mense e i dormitori. Non tutto, però, è riconducibile alla sfera economica: a volte l’incapacità di reggere il peso del fallimento del matrimonio li porta ad annullarsi o a brancolare nel buio. Da un lato, si apre una riflessione sul livore che accompagna la rottura dei matrimoni. Si può sintetizzare così: chi ha tradito la nostra fiducia, deve finire in ginocchio, deve essere umiliato, per soddisfare il nostro orgoglio. Per fortuna, c’è anche chi riesce a voltare pagina, guardando avanti, interrompendo la relazione ma senza il desiderio di schiacciare il compagno reo di aver commesso molti errori. Quel compagno/marito resta pur sempre il padre dei propri figli. Una precisazione è doverosa: non parliamo delle situazioni in cui si esercitano la violenza e il dominio di un coniuge sull’altro o di un genitore sui figli. In questi casi la denuncia e l’allontanamento sono indispensabili.
Dall’altro lato, urge una domanda sulle risposte deboli messe in campo dalle istituzioni, perché nella nostra società performante chi resta indietro è semplicemente un perdente. A Brescia, da tre anni, c’è una risposta ai bisogni dei padri separati nel convento di San Gaetano dove padre Fiorenzo e padre Teofilo accompagnano, per un periodo che va dai sei mesi ai due anni, nove persone: bussano liberamente alla porta dei francescani o arrivano su segnalazione dei servizi sociali (il Comune contribuisce al servizio di accoglienza). È il segno prezioso di un’attenzione. Alcuni giorni fa riflettevo sul fatto che il sistema pubblico, senza l’ausilio di alcune realtà ecclesiali (penso ad esempio ma non solo alla Caritas e alla San Vincenzo), non reggerebbe. Penso anche a quelle comunità che offrono uno spazio a chi esce dalla detenzione in carcere. E il Giubileo può essere l’occasione per riflettere ulteriormente sulle azioni pastorali da intraprendere. Penso a quelle parrocchie che mettono a disposizione affitti calmierati per garantire il diritto allo studio dei giovani universitari. Potremmo continuare a lungo. Come singoli ci interroghiamo su cosa fare o magari siamo tra coloro che chiedono affitti spropositati?