Portare in strada il Vangelo
Esattamente 70 anni fa (il 12 giugno 1954) una piccola-grande suora veniva proclamata Santa. Il suo nome era ed è Maria Crocifissa Di Rosa. Sulla strada da lei tracciata hanno camminato e camminano migliaia di donne, vere “Ancelle della Carità”, tanto felici di pregare e di contemplare l’amore di Dio quanto di servire e amare gli ultimi, un prossimo che bussa insistentemente alle porte e che chiede di essere ascoltato, sfamato, guarito e accolto. Rileggendo la sua vita e scrivendo i “piccoli minuscoli virtuosi e sempre evangelici insegnamenti da Lei consegnati alla storia”, l’unica certezza che ne ho ricavato è l’attualità del suo pensiero, della sua proposta, del suo fare per gli altri. Così, ieri e ancora adesso, la considero la prima santa di strada, capace di attraversare la città per andare a soccorrere ammalati e disperati, delusi e afflitti, figli di chissà quale Dio ma fratelli… Paola Di Rosa, scrisse allora un laico a cui l’incenso provocava fastidio “non è una santa da funambolismi o da vertigini mistiche… è semplicemente e totalmente generosa, capace di prendere tutto ciò che aveva per darlo ai poveri (lei che era di nobile casato, ciò che aveva per rogito notarile lo mise in comunità), senza timore e senza cercare notorietà”. Era forse “illusa e pazza”, ma anche davvero prima nel prendersi cura dei malati, nello sfidare il colera, nell’indicare la Carità quale virtù essenziale del vivere, la Speranza quale motore di ogni azione compiuta per il prossimo e la Fede come unica e grandissima ricompensa…
Di sicuro, quella “Principessa del Cielo” (così l’aveva chiamata papa Pio XII) non era fuori dal tempo, ma dentro la realtà che allora reclamava, ma che anche adesso reclama, disponibilità al servizio, mani per servire, accarezzare e medicare, cuore generoso e solidale, braccia spalancate e pronte ad accogliere. Non si mise il cilicio ai fianchi né chiese licenza di flagellarsi; non uscì a predicare sulle piazze, neppure inventò una strada nuova per la salvezza dei peccatori. Semplicemente, il suo cammino fu quotidianamente nella fede, nella speranza e nella carità, sempre con quella “costanza, convinzione e caparbietà illuminate dall’Ostia consacrata offerta quotidianamente all’adorazione”. Era un sabato pieno di sole quel 12 giugno 1954.
A Roma duemila bresciani (1400 laici e 600 suore) avrebbero visto e partecipato la santità di una loro concittadina; a Brescia mille e mille viandanti indaffarati avrebbero atteso la notizia che tutto si era compiuto. Radio e televisioni erano di là da venire, il telefono, invece, portò anche l’annuncio atteso: “II Papa ha proclamato santa la bresciana Maria Crocifissa Di Rosa, fondatrice delle Ancelle della carità, e l’ha chiamata Principessa del cielo”, capace di vedere nelle disposizioni della Provvidenza la conferma del cielo ai suoi sforzi”. Oggi, 70 anni dopo la canonizzazione, la sua santità resta chiarissima. “Suor Maria Crocifissa Di Rosa – scrisse allora il direttore del nostro giornale – è entrata nella gloria dei santi. E vi è entrata, lei che aveva fatto del silenzio e della modestia la costante divisa della sua vita, nel modo più trionfale e grandioso, un modo che resterà tra i più memorabili e indimenticabili”. Con il cuore in mano mons. Montini, allora Pro segretario di Stato, futuro papa, confidò il suo affetto e la sua ammirazione per le “suore vestite di nero o di bianco, impegnate laddove cresce la vita e dove la vita, dolorosamente e lentamente, si spegne”. Quel che resta e che la sua santità rende attuale e monito per chiunque voglia portare in strada il Vangelo, è il coraggio che usò per “sconvolgere i ricchi e per elevare i poveri e gli ammalati alla massima dignità”. Anche adesso basterebbe questo per mettere d’accordo fede e politica.