Popolo di cittadini onesti e consapevoli
Il glossario politico è sempre in piena evoluzione. Non sono più tanto di moda i “compagni” del comunismo ne tanto meno i “camerati” del fascismo consegnati al declino, seppur in modo sostanzialmente diverso, dai processi storici
Il glossario politico è sempre in piena evoluzione. Non sono più tanto di moda i “compagni” del comunismo ne tanto meno i “camerati” del fascismo consegnati al declino, seppur in modo sostanzialmente diverso, dai processi storici. E mentre gli “onorevoli” puzzano sempre più di casta, è Grillo ad aver rimesso in circolazione i “cittadini”. Per la verità non è un inedito, la rivoluzione francese ne fece larghissimo uso e abuso (cominciò coi cittadini e finì nel terrore), ma “cittadino” è un termine nobile poiché imparentato con la città, con la cittadinanza e anche con la civiltà. Qualcosa di simile sta capitando anche al termine “popolo”. Rivestito spesso e volentieri in passato d’una solennità sacrale e utilizzato a volte per dare dignità anche ad atti ignobili di folle imbestialite e crudeli, oggi torna anche grazie a papa Francesco che parla di una Chiesa di popolo. Che la politica si adegui non è un male. Meglio essere “popolo”, piuttosto che “massa” e “pubblico” o, in modo indifferenziato “gente”.
Essere cittadini, essere popolo in modo consapevole e non superficialmente nominale, come certa politica propone, è decisivo, ma la consapevolezza ha bisogno di educazione, testimoni e profezie. Alcune sollecitazioni. Anzitutto il livello educativo. Perché non immaginare che almeno una delle feste fondamentali dell’identità nazionale come il 25 aprile o il 2 giugno diventino tempo dedicato all’educazione ad essere popolo e cittadini delle nuove generazioni? Cosa producono in questa direzione cortei e celebrazioni, magari anche diffusi, ma con un sempre più sparuto numero di partecipanti e che richiamano, giustamente, alla trasmissione dei valori dell’identità nazionale ai giovani, se poi tutti i ragazzi sono, grazie al ponte scolastico, a fare altro?
Andare a scuola il 2 giugno o il 25 aprile aprirebbe uno spazio di educazione civica per tutti. Bisognerebbe riempire la giornata con una proposta sensata, ma questo ridarebbe dignità almeno a una di queste importanti giornate della comunità nazionale fissandole anche nell’immaginario dei ragazzi come momento particolare del cammino formativo. Una seconda sollecitazione si riferisce al fatto che per essere cittadini e popolo in modo consapevole abbiamo bisogno oltre che di memoria anche di testimoni. L’annuncio della visita privata di papa Francesco il prossimo 20 giugno a Barbiana e a Bozzolo sulle tombe di don Lorenzo Milani e di don Primo Mazzolari rimette, ad esempio, al centro due protagonisti indiscussi dell’Italia e della Chiesa del dopogruerra. Due profeti, due testimoni, due maestri. Preti, educatori, buoni cristiani, che hanno fatto crescere in generazioni, anche dopo la loro morte, il sentirsi “cittadini” e “popolo”. Nell’unicità della loro vicenda umana si sono coniugati la novità del Vangelo e lo spirito del tempo, la fede e la cittadinanza, la coscienza cristiana, il senso critico e l’esigenza di un’autentica partecipazione di popolo. Di uomini, donne, storie e testimoni così l’Italia è piena. Ma abbiamo ancora le condizioni e la volontà di raccontare e soprattutto di ascoltare per trasmettere la passione civile di questi profeti di cui abbiamo ancora bisogno? O siamo solo invaghiti dai nuovi “testimonial” della cittadinanza e dell’identità di popolo che non smettono ogni giorno di propinarci le loro ricette populiste, sovraniste o qualunquiste? Forse sarebbe più opportuno continuare ad affermare che siamo cittadini e popolo anche noi, anche se non avvertiamo il bisogno di farne esplicita e stentorea professione ad ogni occasione, perché lo riteniamo ovvio. Perché chi si sente davvero cittadino e popolo è colui che si assume le sue responsabilità e rimane estraneo alle bassezze e allo scarica barile oggi così in voga. Il resto sono solo tristi chiacchiere