Politici miti e forti, ma non soli
Sergio Mattarella ha visitato Brescia. Ne abbiamo colto la mitezza del tratto, dello stile e delle parole. Il suo elogio alla mitezza nel discorso davanti ai politici, agli imprenditori, alle istituzioni di casa nostra al Teatro Grande. L'editoriale del n° 33 di "Voce" è di don Adriano Bianchi
Sergio Mattarella ha visitato Brescia. Ne abbiamo colto la mitezza del tratto, dello stile e delle parole. Il suo elogio alla mitezza nel discorso davanti ai politici, agli imprenditori, alle istituzioni di casa nostra al Teatro Grande ci ha fatto gustare la profondità del suo animo di uomo e di servitore dello Stato.
Il suo riconoscimento alla figura del politico mite e forte che era Mino Martinazzoli ci ha fatto percepire il senso alto del valore dell’amicizia. La cifra sintetica della giornata bresciana del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella passa da qui e per noi è più che un richiamo.
La mitezza ha un sapore così evangelico e così pienamente umano che nulla ha a che fare con la debolezza, ma dice di uomini capaci di guardare “alla vita sapendo che essa vale ben più della politica”. Dice di una gratuità e di un altruismo che sanno concentrasi su ciò che conta. La mitezza che in politica aiuta a non lasciarsi abbagliare da ciò che “luccica” o dà spazio a un’effimera visibilità, ma che impegna a leggere il vissuto della comunità e a perseguire con tenacia il bene comune. La lezione bresciana del Presidente ci fa pensare. E se ci rincuora il suo riconoscimento della nostra tradizione di buon governo, di resilienza, di tenacia nell’affrontare le crisi del tempo presente non ci esime comunque dal mantenerci vigili. Ci sfida, invece, soprattutto nella nostra capacità di generare altri politici miti e forti come Martinazzoli. Abbiamo ancora la capacità e la caparbietà di generare sindaci, amministratori, imprenditori, intellettuali, giornalisti che, da autentici cristiani, sappiano spendersi nel servizio alla comunità? Alcuni miti e forti ci sono. Altri li abbiamo perduti. E forse, anche senza volerlo, ne siamo responsabili perché non li abbiamo sostenuti abbastanza.