Politica: leadership mondiali
Non è sempre guerreggiata questa “terza guerra mondiale a pezzi”, ma l’immagine ormai famosa proposta da papa Francesco resta la chiave più persuasiva di spiegazione del quadro internazionale
Non è sempre guerreggiata questa “terza guerra mondiale a pezzi”, ma l’immagine ormai famosa proposta da papa Francesco resta la chiave più persuasiva di spiegazione del quadro internazionale. La frontiera del Donbass, tra Russia e Ucraina, lo dimostra: il conflitto cova sotto la cenere di una fragile tregua e viene riattizzato in relazione al quadro sistemico. Più strutturalmente nel disordine di una globalizzazione a propulsione finanziaria e delle crescenti diseguaglianze negli Stati tra le persone e i ceti e tra gli Stati – che il Papa denuncia spesso in solitaria – cresce il tasso di insoddisfazione e, dunque, di conflittualità. Si moltiplicano così in giro per il mondo leader muscolosi e forti o almeno che come tali si propongono, come risposta a una confusione sistemica.
Allora il presidente degli Stati Uniti sempre più si afferma come il Comandante in capo, per il presidente della Federazione Russa si rispolvera il titolo di zar, per il presidente della Turchia, che sta compiendo una rilevante riforma costituzionale, quello di “sultano”, per non parlare del presidente della Repubblica popolare cinese, che è insieme capo dello Stato, segretario del partito comunista e presidente della commissione militare centrale. A tutti i livelli si moltiplicano le scuole di leadership. Ottima cosa, a patto che si abbia una visione sistemica e umanistica, ovvero si lavori non solo sul vertice, ma anche sull’insieme del corpo sociale. La parola infatti che si accosta necessariamente a “leader” è “solitudine”. Recentemente è stata riproposta una citazione di Giovanni Paolo II che, visitando, il 3 novembre 1984, il collegio fondato da San Carlo Borromeo, disse: “I capi non s’improvvisano, soprattutto in epoca di crisi. Trascurare il compito di preparare nei tempi lunghi e con severità d’impegno gli uomini che dovranno risolverla, significa abbandonare alla deriva il corso delle vicende storiche”.
Oltre trent’anni dopo, di crisi in crisi, il monito e la ricetta restano attualissimi. Solo un tessuto vivo e un traguardo lungo genera leader capaci e responsabili che sappiano andare oltre la gestione degli interessi a breve. Nella storia e nella storia europea recente, esempi ce ne sono, a cominciare dai padri delle Comunità europee, che ha senso oggi ricordare e festeggiare proprio in questa linea. Come fu per la seconda guerra mondiale, può essere un modo per porre fine anche a questa, che è a pezzi.