Politica inutile?
L’economia italiana cresce più del previsto, afferma la Banca d’Italia. Alla comprensibile soddisfazione del governo molti osservatori oppongono la realistica considerazione che la ripresa è un po’ meno “ina” per merito soprattutto dell’andamento dell’economia internazionale
L’economia italiana cresce più del previsto, afferma la Banca d’Italia. Alla comprensibile soddisfazione del governo molti osservatori oppongono la realistica considerazione che la ripresa è un po’ meno “ina” per merito soprattutto dell’andamento dell’economia internazionale. Certo, per onestà intellettuale bisognerebbe allora dire che anche quando le cose andavano peggio la responsabilità era del contesto mondiale più che dei governanti. Il problema è che sono vere entrambe le riflessioni. Nel mondo economicamente globalizzato si sperimenta come forse mai era accaduto finora una sensazione diffusa di inutilità della politica. A ben vedere, la nascita, il radicamento e lo sviluppo di quelli che si è soliti definire “populismi” trovano la loro motivazione più profonda in questa sensazione, più ancora che nella reazione ai fenomeni corruttivi che infestano la classe politica (e la classe dirigente nel suo complesso) ai vari livelli. Se l’economia va, a suo modo, la povertà, che pure ha raggiunto misure impressionanti, non diminuisce; anzi, seppur lievemente aumenta e soprattutto si concentra nel cuore della società: le famiglie con figli minori.
Anche in questo caso la fonte è autorevole, l’Istat. Non ci potrebbe essere sintomo più eloquente della paralisi della politica di questa ripresa economica che non riesce neanche a scalfire gli effetti più gravi della crisi. Perché di fronte all’incapacità di governare in modo efficace i grandi processi planetari – economici e non solo – la politica, almeno quella nazionale, può invocare entro certi limiti la clemenza della corte. Ma la ridistribuzione del reddito e, quindi, la lotta alle disuguaglianze, sono il campo suo proprio, il terreno su cui non può esimersi dall’essere giudicata. Intendiamoci, il problema non è soltanto italiano. La Germania, che vanta ritmi di crescita proverbiali, ha visto aumentare i poveri dell’8,1% tra 2014 e 2015. Anche Francia e Spagna sono in situazioni analoghe. Non è un caso che l’“antipolitica” abbia attecchito vigorosamente anche in quelle contrade e che il disagio sociale conservi dimensioni inquietanti, al di là di risultati elettorali condizionati in modo decisivo da sistemi istituzionali e di voto molto diversi dal nostro.
Il nostro Paese, infatti, aggiunge alle dinamiche condivise il sovraccarico di un sistema politico fragile e la prospettiva di un quadro ancora più complicato dopo le prossime elezioni (fino a prova contraria, ovviamente). Ma intanto gli otto mesi che ci separano dalla fine della legislatura non possono essere lasciati trascorrere invano. I problemi in campo non aspettano. Nessuno ha la bacchetta magica, ma ci sono un governo e un parlamento in carica e subito dopo l’estate c’è l’appuntamento cruciale con la legge di bilancio che è l’occasione specifica per compiere alcune scelte. Certo, la campagna elettorale permanente in cui siamo e saremo sempre più immersi è un contesto molto sfavorevole. Ma sono queste le occasioni in cui la politica, in democrazia, può dimostrare di essere ancora utile.