Poesia, via al Mistero
Solo il silenzio può farci attraversare la settimana più tragica dell’anno, quella che stiamo vivendo, e traghettarci al mattino di Pasqua. Solo il silenzio. La liturgia e, forse, la poesia. L’ha intuito Alda Merini (1931-2009), che del fuoco sacro della poesia era infiammata fin da bambina. Donna dal vissuto complesso e sofferto, ha spremuto dalla sua esistenza lacrime e gioie, forti e intense, divenute parole, sospensioni e versi capaci di parlare anche di Dio. “Le più belle poesie si scrivono sopra le pietre coi ginocchi piegati e le menti aguzzate dal mistero”, così si racconta in una delle sue interviste, in particolare ricordando i vent’anni più difficili della sua vita, trascorsi fuori e dentro il manicomio, costretta a vivere lontana dal marito e dalle figlie.
Eppure, paradossalmente, è lì che scopre di essere felice come non lo era mai stata, perché, sottolinea: “Ho incontrato Dio in manicomio, un posto in sé terribile, ma in cui non ho mai perso la speranza”. Dal suo cuore che ha trovato Dio nel Gesù dei Vangeli, nascono, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, opere che raccontano di lei e di Lui. L’incontro avviene in un “Corpo d’amore”, quello di Cristo, per poi aprirsi alla compagnia di Maria, la donna del “Magnificat”, e inerpicarsi sull’aspro pendio del Calvario, per sostare a lungo sul Golgota in “Poema della croce”. È la via stretta che ogni cristiano è chiamato a percorrere. È l’incontro/scontro con il dolore e la domanda che, silente, lo abita o, lacerante, lo squarcia: “Perché?”.
L’assordante assenza della risposta sconcerta, ma offre sconfinate possibilità di pensieri, emozioni, azioni, preghiere ed estasi contemplative. Alda Merini ha attraversato il dolore esprimendo semplicemente se stessa: “Forse è grazie alla poesia che nella mia vita, pur avendo molto sofferto, non sono mai stata disperata. Quando ho incontrato il dolore, anziché farmene annientare, ho deciso di cantarlo”. È così che si presenta all’appuntamento con la Croce, con il suo personale carico di dolori che trovano casa nel crocifisso Gesù, “la lacrima di Dio che coprì tutta la carne del Figlio”, di ogni figlio, figlia che soffre. Alda non va alla Croce spinta dal dolore. Troppo facile. Lei canta, contempla e ama l’Uomo dei dolori, perché in Lui ha trovato la felicità, perché lei sa che Lui del suo dolore “si è cinto il collo” e, come lo Sposo del Cantico, l’ha resa “il suo monile più bello”, ma soprattutto perché lei, con Lui, è già risorta: “Vero miracolo è che si rimane felici anche dopo la morte che ci danno gli altri. È una resurrezione quotidiana”. Poesia come via al Mistero. Lei lo ha sfiorato. È dono anche per me.