Pirelli: Paese in vendita...
Il miglior offerente si porta a casa un pezzo di Italia. La Cina è più vicina di quanto sembri
Immaginiamo che il governo Renzi saluterà con soddisfazione l’arrivo di capitali stranieri e cinese in particolare. Per i cittadini comuni sarà una notizia come tante altre. Per Marco Tronchetti Provera, dominus di Pirelli, il coronamento di un tragitto da lui sintetizzato nell’espressione: “L’Italia ha bisogno di aziende forti, non di poteri forti”. L’augurio che formuliamo è che davvero Pirelli possa continuare a crescere e che “il cervello” dell’azienda resti davvero italiano…
Tutto bene? Lo dirà il futuro. Di sicuro, non riusciamo a scrollarci dalla memoria le parole più volte pronunciate dal cardinale Angelo Bagnasco, quando ha ripetutamente invitato lo Stato a “non vendere i gioielli di famiglia”. Esplicito il suo riferimento alle grandi aziende pubbliche in settori strategici. Ma anche in questo settore le dismissioni e le vendite sono già cominciate e certamente proseguiranno. Si chiamano privatizzazioni, necessarie per ridurre il debito pubblico. Peccato che gli investitori italiani non si smuovano e sino ad ora abbiano investito sempre e solo nei servizi, magari in condizione di monopolio interno e con la garanzia del sistema tariffario protetto. Configurando così più una rendita vitalizia che un investimento produttivo sottoposto al fisiologico rischio industriale e finanziario. Difficile sottrarsi alla sensazione di essere un Paese in vendita al miglior offerente. Un bene, un male? Chi siamo noi per giudicare?