di SAVIO GIRELLI
11 feb 2016 00:00
Pezzi d’antiquariato
Nei mercatini dell'antiquariato ci sono in vendita confessionali dell'800 per poche migliaia di euro, forse significa che non servono più a niente, se non ad arredare uno spazioso salotto, anzichè uno spazio liturgico
Non v’è dubbio che il modello tridentino poneva l’accento sul peccato, piuttosto che sulla misericordia di Dio. Ma quale altro segno visibile è ancora così eloquente, per ricordarci la necessità di una “conversione continua”? Altre autorevoli voci, come la teologa Costanzo nel volume “Cambiare vita”, vorrebbero archiviare la prassi della Confessione durante la Messa, per consentire al fedele di partecipare in modo attivo sia al sacramento della penitenza, sia a quello dell’eucarestia e custodire così anche la dignità celebrativa di ogni sacramento. Osservazioni liturgicamente impeccabili, ormai anacronistiche, visto che sempre più parroci non hanno collaboratori presbiteri.
Piuttosto, la storia della liturgia penitenziale insegna che ogni stagione ha avuto la sua crisi nel celebrare il quarto sacramento, perché ogni epoca ha eccessivamente evidenziato uno solo degli elementi costitutivi del sacramento: nel periodo antico la “soddisfazione”, nell’alto medioevo “l’accusa”, successivamente la “contrizione” e, dal XVI secolo, “l’assoluzione”. Nelle chiese recenti, invece, il confessionale assume la forma di uno “studio” simile a quello dei medici, sottolineando, così, la dimensione “dell’ascolto e della cura”, tanto cara ai monaci prima e a Gesuiti poi. Così, anche i tentativi di definire il sacramento con un nome preciso: sacramento della confessione, della penitenza, del perdono, ci fanno capire quanto riesca a metterci in crisi questa misteriosa e incomprensibile misericordia divina.
SAVIO GIRELLI
11 feb 2016 00:00