Perché scioperare oggi
La questione sta tutta nel decidere se maniglie, armi, camice, packaging per beni di lusso, guarnizioni per gli oblò delle lavatrici o vernici per padelle antiaderenti siano da considerare, in questo momento, produzioni essenziali per il Paese
“Ma perché scioperano?”. Il tono dell’amico che mi telefona è tra l’incredulo e l’indignato. Ha sentito alla radio della protesta proclamata dai sindacati in diversi settori produttivi: “Ti sembra il momento? Non ci sono già abbastanza problemi in giro?”. Difficile dargli torto, anche perché il sistema informativo non ha spiegato granché essendo stabilmente concentrato su ospedali, protezione civile e virologi (per non parlare dell’attenzione reclamata da presidenti e assessori regionali che fino a ieri proclamavano indipendenza e autodeterminazione, mentre oggi vanno quotidianamente in televisione a chiedere – meglio, pretendere! – interventi, strumenti, risorse e attenzione da parte dello Stato).
Ma torniamo allo sciopero. La questione sta tutta nel decidere se maniglie, armi, camice, packaging per beni di lusso, guarnizioni per gli oblò delle lavatrici o vernici per padelle antiaderenti siano da considerare, in questo momento, produzioni essenziali per il Paese.
Le maglie dell’ormai famoso elenco dalle attività che possono derogare allo stop decretato dal Governo nel tentativo di arginare il Covid-19, erano così larghe da far passare per indispensabile anche ciò che non lo è affatto. Il campanello d’allarme dello sciopero è suonato per queste ragioni, perché non si può mettere a repentaglio la salute e la vita delle persone per il profitto.
Sì, c’è un’enorme preoccupazione che in queste ore corre di pari passo con l’angoscia per le vittime, i malati e l’immane fatica del personale sanitario: quale sarà lo scenario economico in cui ci troveremo una volta che avremo sconfitto il coronavirus? Nessuno è in grado di azzardare previsioni. L’unica certezza è che sarà una sfida durissima.
Forse, finalmente, saremo costretti ad aprire gli occhi sulla banalità del provincialismo che così a lungo ha ammorbato e condizionato i processi decisionali del nostro Paese.
Avremo bisogno di più Stato e meno regionalismi fuori controllo, perché solo con un’idea di sistema il nostro Paese potrà uscire da una crisi che si prefigura drammatica. Solo dalla capacità regolativa dello Stato potranno arrivare interventi, mezzi e stimoli straordinari sul mercato e sugli attori privati. Come giustamente ha detto un teorico dell’economia civile, “il virus passerà, che non passi invano la sua dolorosa lezione”.