di MASSIMO VENTURELLI
23 feb 2015 00:00
Per una scuola che sia davvero buona
Il premier Renzi ha annunciato per il 27 febbraio l'avvio dell'iter legislativo per una riforma del sistema scolastico
Nei mesi scorsi il governo, dopo avere presentato le proprie linee di riforma per la “Buona scuola” le ha sottoposte al giudizio del Paese con una sorta di megasondaggio online in cui chiunque poteva esprimere il proprio parere in merito ai punti qualificanti dell'idea di istituzione scolastica che alberga nelle menti dell'esecutivo, dalle nuove modalità di assunzione degli insegnanti, alla loro formazione e tanto altro ancora…
Bella e democratica l'idea di dare modo agli italiani di dire il loro parere sulla scuola. Bella e democratica, ma anche estremamente rischiosa. Perché non c'è altra realtà, ad eccezione forse della politica e delle sue istituzioni (ma su queste nessun premier si sognerebbe di aprire un dibattito online), su cui tutti si concentrano pregiudizi e luoghi comuni, soprattutto quando nel mirino ci sono gli insegnanti.
Nessuno può negare che per una percentuale della classe docente italiana l’assunzione nella scuola statale è stata una sorta di terno al lotto, un’assicurazione sulla vita (e qui un po’ di esame di coscienza dovrebbero forse farlo anche le sigle sindacali che con la volontà di tutelare tutti hanno finito per non tutelare più nessuno). Ma è altrettanto vero che per la grande maggioranza degli insegnanti l’insegnamento continua a essere considerato una sorta di missione, che va al di là del semplice aspetto professionale e che non è certo legato al 27 del mese (visto che gli stipendi degli insegnanti italiani sono fra i più bassi d’Europa).
Come sempre capita a fare "letteratura" sono stati per tanti anni gli esempi negativi. Centinaia di migliaia di insegnanti che, nonostante tagli, riforme e controriforme e progressivo impoverimento della scuola, hanno continuato a dedicarsi "anima e corpo" all'insegnamento e al rapporto educativo con alunni e studenti sono stati vittima del "parassitismo di stato". La loro dedizione, la loro passione, non è bastata a scalfire l'equazione insegnante=mantenuto dallo Stato. Hanno dovuto soccombere (e continuano a farlo) nella considerazione comune al pessimo esempio dato da pochi, comunque sempre troppi...
Oggi Renzi e il suo governo pensano di riscrivere la scuola italiana proprio a partire dai docenti, “una volta considerati per la loro autorevolezza quasi come la Cassazione”, come ha affermato Renzi nel convegno del Pd. Per cui stop con le mille graduatorie, fine dell’esperienza del precariato e immissione in ruolo solo per concorso. E poi, formazione continua, adeguamenti salariali legati al merito…
Tutte belle cose, che rischiano però, ancora una volta di essere imposte dall’alto. Servirebbe, invece, quella conoscenza dal basso del processo scolastico che nessun sondaggio online riuscirà mai a garantire. Perché un conto è mettersi davanti a un monitor e rispondere a qualche semplice domandina, formulata in modo del tutto simile a quella delle indagini di mercato condotte per conoscere il gradimento di una merendina, e un altro è prendersi il tempo necessario per girare scuola per scuola, per incontrate i dirigenti e sentire dalla loro viva voce criticità ed eccellenze dei loro istituti, per conoscere tutti i docenti, che pure accetteranno di legare gli avanzamenti di carriera e di stipendio al nuovo meccanismo pensato dal governo, e capire chi fra loro considera l’insegnamento come una professione di straordinaria importanza e chi invece lo ritiene una sorta di catena di montaggio in cui immettere la semplice trasmissione di competenze, con buona pace di un proficuo rapporto umano ed educativo con i giovani che hanno davanti.
Certo, poi sono importanti le Lim, scuole sicure e accoglienti e programmi più moderni. Ma alla base di tutto c’è un rapporto umano e se questo è buono sarà buona anche la scuola.
MASSIMO VENTURELLI
23 feb 2015 00:00