Parole del Papa, intuizioni di Monari
Sull'accoglienza, nel 2011 il Vescovo Luciano scrisse “vorrei stare lontano da ogni massimalismo…. mi sembra insostenibile sia la posizione di chi ritiene necessario “accogliere tutti” sia quella di chi vuole “chiudere a tutti”
Le parole di papa Francesco al rientro dalla Svezia sul tema dei migranti si prestano ad alcune riflessioni come un ulteriore contributo alla soluzione sul problema e come occasione di confronto con quanto scritto alcuni anni fa dal nostro Vescovo. Il Papa, rispondendo alla domanda su cosa pensasse dei Paesi che vogliono chiudere le frontiere, ha risposto così: “Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. C’è anche la prudenza dei governanti, che devono essere molto aperti a riceverli, ma anche a fare il calcolo di come poterli sistemare, perché non solo un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare. Se un paese ha una capacità di integrazione, faccia quanto può. Se un altro ne ha di più faccia di più, sempre con il cuore aperto”. Le sue sono state parole non divisive e neppure occasione di alibi, ma contributo alla ricerca di un equilibrio di difficile individuazione, inevitabilmente necessario per tutto quanto il problema migranti porta con sé. Un problema per il quale Papa Francesco indica una strada là dove dice “credo che il consigliere più cattivo dei Paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura, e il consigliere più buono la prudenza” invitandoci a distinguere tra migrante e rifugiato. Il primo ha bisogno di regole certe, il secondo neccesita di più cura, più lavoro, di imparare la lingua e di integrarsi”. Perché Papa Francesco parla di rischio? Perché, ci dice il Santo Padre, altrimenti “si ghettizza”, individuando nella non integrazione di un migrante o di un rifugiato il rischio “che entri in un ghetto” e che quindi ci sia “una cultura che non si sviluppa in un rapporto con un’altra cultura”.
Papa Francesco ricorda di aver parlato con un funzionario del governo svedese e delle difficoltà dettate dai numeri ed aggiunge “la prudenza deve fare questo calcolo. Io credo che se la Svezia diminuisce la sua capacità di accoglienza non lo faccia per egoismo, ma per quel che ho detto”. E veniamo a noi. Nel 2011 anche il Vescovo Luciano si era espresso in questa direzione scrivendoci “vorrei stare lontano da ogni massimalismo….mi sembra insostenibile sia la posizione di chi ritiene necessario “accogliere tutti” sia quella di chi vuole “chiudere a tutti”. L’accoglienza dell’altro che il Vangelo chiede – e la chiede davvero! – deve saggiamente fare i conti con le possibilità concrete, in modo che l’accoglienza non produca danni maggiori. Accogliere tutti può provocare alterazioni traumatiche della vita economica, delle relazioni politiche, delle relazioni culturali e della coesione sociale. A soffrirne sarebbero non solo quelli che accolgono, ma anche quelli che vengono accolti e che si troverebbero in una società impoverita, incapace di dare a loro la speranza che cercano. Viceversa “respingere tutti” è oggettivamente impossibile. C’è un dovere riconosciuto con accordi internazionali di accogliere i rifugiati che fuggono da condizioni di ingiustizia e di oppressione; a questo dovere nessun paese si può opporre. E c’è un dovere di solidarietà a non rifiutare l’aiuto a chi vive in situazioni di povertà”.. il fatto che nessuna delle due tesi estreme sia accettabile significa che la soluzione può esser ricercata solo attraverso l’equilibrio dei valori che sono in gioco e che sono diversi: politici, economici, personali (sicurezza, ordine, diritti della persona, dignità possibilità di guadagnare per vivere” .“È difficile – conclude il Vescovo Luciano - avere una formula precisa… ma proprio questo dovrebbe avvertirci che il dibattito non è tra buoni e cattivi, ma tra valutazioni diverse dell’equilibrio migliore”. Ps. Era già stato scritto tutto nel Vangelo di Luca, la dove ci ricorda “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.