Parole che curano e non dividono

Mi è bastata qualche riga della sua lettera al Corriere della Sera per farmi prendere coscienza di quanto mi mancasse il Papa con le sue parole. Molto di più della sua immagine, tornata dopo un mese di ospedale e insistentemente richiesta più dalla stupidità del web che dal bisogno dei fedeli. Parole che curano e non dividono, “fatti che costruiscono gli ambienti umani”. Costruiscono e non distruggono. Disarmano, per usare il verbo più controcorrente di Francesco: che non pensa, prima di tutto, agli armamenti, ma alle “menti” e alla “terra”.
Il nostro cervello, il nostro cuore, noi per primi, abbiamo bisogno di parole disarmanti: “tendiamo così spesso a negare i limiti umani ed a sfuggire le persone fragili e ferite: hanno il potere di mettere in discussione la direzione che abbiamo scelto”. Ascoltarsi poco e non aiutarsi sulle fragilità è il disastro per eccellenza del nostro tempo; farlo richiede “impegno, lavoro, silenzio, parole”.
È impressionante come ci sia più diplomazia da un letto di ospedale che da tutti i Governi del mondo, senza eccezione; impressionante per la forza di queste parole e, ahimè, per la vuotezza di tutte le altre.
