Padre Toffari dopo Rouen: "Possiamo fare qualcosa insieme?"
È impressionante quanto successo nella chiesa di Saint-Etienne a Rouvray, centro alle porte di Rouen: un prete, padre Jacques Hamel, sgozzato mentre celebra la Messa. La sua vita vale quanto quella delle vittime di Nizza, di Parigi o di Monaco... L'editoriale del n° 30 di "Voce" è di p. Mario Toffari
In questo caso, però, è evidente la motivazione del delitto: uccidere chi adora un altro Dio, nel nome di Allah akbar, cioè del Dio il più grande. In questo caso l’odio contro gli occidentali, o la pazzia, o il disadattamento, o la vendetta per ingiustizie subite vere o presunte, passano in secondo piano. Quanto alle solite accuse ai cristiani dei tempi passati, credo che si debba rispondere, con umile franchezza, che da lungo tempo, per i cattolici la laicità dello Stato è un dato acquisito, come pure sono patrimonio della Chiesa la libertà religiosa e il conseguente dialogo interreligioso con tutti, nel reciproco rispetto. Ma il martirio di Rouen ci obbliga a porci e a porre almeno due domande, anche ai nostri amici di religione musulmana. È vero che anche i musulmani sono danneggiati dall’ispirazione ad Allah, a cui i terroristi si richiamano; è vero che questi terroristi non frequentano le moschee; è vero che molti musulmani stanno combattendo contro Daesh; è vero pure che non c’è correlazione intrinseca tra violenza e musulmanesimo.
Ma la prima domanda fondamentale è: “Voi amici e fratelli musulmani, non potete fare qualcosa di più per far terminare questa carneficina?
O forse: non possiamo fare insieme qualcosa di più?”. Più volte, negli incontri che ho avuto con voi, vi ho chiesto di fare in modo che nei vostri Paesi ci possa essere la stessa libertà religiosa che voi avete qui da noi.
Anche qui: “Potete, per cortesia, essere ambasciatori di vero rispetto per la nostra e per le altre religioni”. La seconda domanda fondamentale è questa: “È possibile pensare insieme a che gli Stati siano laici, e promuovano il rispetto dei diritti di tutti, uomini e donne, credenti e non credenti, senza imporre a nessuno pesi che derivano da ispirazioni religiose, lecite nell’ambito della fede di ognuno, ma non imponibili ad altri credenti?”.
Per quanto mi riguarda, non ho paura del martirio. Il Vangelo di Gesù è maestro di vita anche questa volta: “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo nella Geenna” (Mt. 10,28). E l’anima la perderei solo se cadessi nella tentazione dell’odio, dove spingono le forze del male. Ho tanta voglia di vivere, ma preferirei perdere la vita piuttosto che odiare qualcuno.
Quanto al Dio di Daesh, non è certo l’Allah che ho conosciuto dai musulmani di Brescia: è uno di tanti idoli e, purtroppo, gli idoli si nutrono di sangue.
Forse è profetico e non certo casuale che l’assassinio di Saint-Etienne sia avvenuto in una città che porta il nome del primo martire cristiano. E l’assassinio di Stefano non pose termine alla vita della Chiesa nascente, ma la irrobustì. Il sangue dei martiri è seme di cristiani.
MARIO TOFFARI
28 lug 2016 00:00