Orgoglio e pregiudizio
La parola orgoglio non mi piace. Non mi è mai piaciuta nel suo utilizzo letterario (penso a un celebre libro di Oriana Fallaci) né nel suo utilizzo quotidiano: chi è orgoglioso, ripiega tutto su se stesso. Sabato scorso a Brescia è sfilato il Brescia Pride (orgoglio in inglese). Nella festa “dei diritti contro tutte le discriminazioni” qualcuno ha pensato bene di sfoggiare un cartello sguaiato con la scritta “Gesù faceva le orge gay”. Si commenta da sola. Siamo certi che non rappresenti il pensiero della maggior parte dei manifestanti, ma va comunque stigmatizzato. Anche perché è successo in maniera analoga in altre piazze. La libertà di espressione comprende forse anche la libertà di dileggiare la religione? Tutte le persone hanno la medesima dignità. Qualsiasi sia il loro pensiero. E il medesimo rispetto va dato anche ai simboli religiosi. Dobbiamo chiederci da dove deriva questo astio: solo dall’ignoranza o anche dall’incomprensione?
Sui social qualcuno ha chiesto una risposta da parte della Chiesa bresciana, perché, diversamente, “chi tace acconsente”. Il nostro settimanale non ha la presunzione di rappresentare in maniera esclusiva il pensiero della Diocesi, ma certamente ha il coraggio di provare a dire qualcosa di sensato. Che dire allora? Ci proviamo in punta di penna perché il terreno è molto scivoloso. Il primo dato è relativo alla partecipazione istituzionale: se fino a qualche anno fa, gli amministratori (diversi i Sindaci coinvolti) si affacciavano timidamente in piazza o negavano il patrocinio, ora non si tirano indietro e non si risparmiano per le immagini di rito. Speriamo siano almeno convinti. Il secondo è sociologico. La società italiana è cambiata e sta cambiando. Il terzo (ed è quello che mi pare più interessante) è relativo ai diritti individuali. Nelle sedi internazionali oggi i diritti umani sono prevalentemente diritti individuali (spesso sessuali e riproduttivi). Assistiamo alla progressiva soggettivizzazione dei diritti umani. Parcellizzare i diritti ci porta ad assecondare un’etica individualistica. Siamo sicuri che sia questa la strada da seguire in una realtà già molto sfilacciata?
Non sarà sfuggito ai più attenti che l’Europarlamento, nei giorni scorsi, ha approvato una Risoluzione in cui l’aborto viene considerato un diritto umano e si chiede di inserirlo nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Se questa è la strada imboccata, forse è opportuno fermarsi. La quarta considerazione è invece relativa alle scelte che saremo chiamati a fare come Paese nelle prossime settimane: dallo ius scholae alla liberalizzazione della cannabis (con la pretesa che ogni desiderio si trasformi in bisogno e quindi in diritto). Ritorniamo a dare fiato alle idee e non alle contrapposizioni ideologiche che non sono generative e avvelenano solo il clima.