Nucleare... due conti
Quando si parla di centrali nucleari per l’Italia ci si riferisce a quelle a fissione di terza e quarta generazione, oppure alla fusione nucleare. Le proiezioni sul possibile impiego di quest’ultima, tuttavia, variano dai 40 ai 60 anni da oggi, cioè ben oltre il 2050, quando dovremo già aver completato la decarbonizzazione. Le nuove centrali sarebbero di terza generazione: impianti di taglia consistente (almeno 1 GWh), dagli elevati costi di costruzione (almeno 10 miliardi) e lunghi tempi di entrata in esercizio (15-20 anni).
Il reattore Olkiluoto 3, il più grande d’Europa, è entrato in funzione nel maggio scorso, ben 18 anni dopo la prima pietra; la sua realizzazione è stata tormentata da svariati problemi tecnici, che hanno fatto sforare di 8 miliardi di euro i 3 miliardi del budget originario. In Francia, capitale europea del nucleare, l’EPR di Flamanville avrebbe dovuto entrare in funzione nel 2012 al costo di 3,5 miliardi. Invece è ancora in costruzione e i costi sono lievitati a 12,4 miliardi di euro. Per sostituire il gas che attualmente importiamo e bruciamo per generare elettricità occorrerebbero almeno 20 centrali da 1 GWh, che però ci consegnerebbero a una dipendenza dai Paesi produttori del combustibile nucleare non molto diversa da quelli dei fossili. Di fronte alle difficoltà procedurali ed economiche della terza, alcuni evocano la quarta generazione di reattori, di taglia più piccola (0.1-0.4 GWh) e dalla più contenuta generazione di scorie.
Bene, c’è un piccolo problema: questi reattori non esistono. Uno dei progetti più avanzati, il CFPP di NuScale, è stato definitivamente sospeso pochi giorni fa dopo un incremento dei costi del 53%. Da decenni si favoleggia della loro entrata in esercizio, ma secondo stime indipendenti difficilmente si vedrà prima di 15-20 anni da oggi. La questione è, quindi, da chiudere, senza nemmeno bisogno di menzionare le difficoltà nel reperire siti adatti per le centrali e per lo smaltimento delle scorie (in Italia se ne cerca uno da 40 anni). O il fatto che la già precaria economia del nucleare (oggi 1 MWh elettrico costa complessivamente almeno 220 euro quando generato da nucleare, meno di 50 da fotovoltaico) è in sfavorevole revisione alla luce della necessità di “blindare” i reattori anche dai rischi bellici e naturali (Zaporizhzhia e Fukushima docent). Possiamo per favore dedicarci più seriamente a rendere rinnovabile il nostro mix energetico grazie a sole, vento, geotermia, biomasse ed efficientamento?