Non solo turisti
Esiste la possibilità di vivere il turismo organizzato ma con lo spirito del viaggiatore? È quello che provano a fare il turismo sociale e responsabile
Negli ultimi decenni il numero di persone che si spostano per le vacanze è notevolmente aumentato; il turismo ormai è diventato uno dei principali settori dell’economia mondiale, anche se non sempre è riuscito ad essere fattore di sviluppo dei popoli e occasione di incontro di luoghi e culture diverse. Poche volte i “turisti” riescono ad essere anche “viaggiatori”. Perché, come diceva Tiziano Terzani, “il turismo consuma tutto, si vende tutto di un luogo e delle persone che lo abitano pur di fare soldi. Per tornare viaggiatori bisognerebbe ritornare a essere come gli unici veri viaggiatori: i pellegrini, che hanno rispetto e venerano il posto in cui vanno”. Naturalmente molti continuano a vivere l’esperienza delle vacanze con lo spirito del viaggiatore piuttosto che con quello che potremmo chiamare del “turista mordi e fuggi”. Pensando però allo stile del “viaggiatore” (da contrapporre al classico “turista”), la mente ci porta all’avventura fai da te, con lo zaino in spalla e una bella dose di intraprendenza, coraggio e voglia di avventura. Ma ci può essere una via di mezzo tra le due categorie? Esiste la possibilità di vivere il turismo organizzato ma con lo spirito del viaggiatore? È quello che provano a fare il turismo sociale e responsabile. In questo modello il turismo si qualifica come fattore di coesione sociale che, volendo garantire a tutti l’accesso alla vacanza, lotta contro le disuguaglianze e contro l’esclusione di chi appartiene a una cultura diversa. Perché il turismo può essere fattore di crescita economica e sviluppo sociale delle regioni e delle comunità locali. Le mete turistiche infatti possono favorire l’incontro del viaggiatore con la cultura e la storia dei luoghi di destinazione, restando protette da un modello consumistico del tipo usa e getta, riducendo al minimo gli aspetti negativi degli impatti sociali, culturali e ambientali prodotti dai flussi turistici.
Inoltre il turismo sociale può essere partner nei programmi di sviluppo mondiale, promuovendo e sostenendo progetti di cooperazione e di integrazione. Utopia? Assolutamente no, visto che le associazioni aderenti al Forum del Turismo Sociale lo fanno da molti anni. A titolo esemplificativo si può citare il progetto che il Centro Turistico Acli sta per proporre a livello nazionale su stimolo delle Cei con il nome di “I love Lampedusa”. L’idea è quella di contribuire al rilancio della “normalità” dell’isola che negli ultimi anni è diventata famosa per eventi drammatici che hanno messo in ombra le potenzialità turistiche. Il progetto intende rilanciare il turismo di Lampedusa, facendola però conoscere come territorio di accoglienza a 360°, attraverso la visita e l’eventuale collaborazione con realtà associative locali. Ma ci sono anche le moltissime esperienze di volontariato estivo internazionale (o anche nazionale) proposte da associazioni, Ong o altre realtà. In moltissimi casi a fianco dell’esperienza di servizio si offre anche la possibilità di vivere alcuni giorni da “turista”; così fanno per esempio i campi “Terre e libertà” di Ipsia. Si potrebbero citare decine di altre iniziative che rispondono appieno ai principi del turismo solidale (e responsabile). E la sfida è proprio questa: promuovere una forma di turismo che sappia proporre il verso spirito del viaggio, con modalità (e prezzi) che possano essere accessibili a tutti. Perché il vivere una vera esperienza da “viaggiatore” possa essere una proposta sempre più diffusa e alla portata di tutti, e non solo di una piccola élite di persone motivate e disposte a qualche scomodità in più.