Non eludere il Pnrr
Se l’erogazione a rate dei fondi europei non fosse subordinata al rispetto di precisi requisiti temporali e di contenuto, che periodicamente impongono una verifica concreta del percorso, ci sarebbe da temere l’ennesima amnesia politica per quel che è accaduto negli ultimi tre anni. Quando venne varato il Next Generation Eu, il grande programma europeo per aiutare i Paesi duramente colpiti dalla pandemia (di cui l’Italia è il principale beneficiario), fu uno squarcio di luce in uno dei momenti più bui della nostra storia recente. Qualcuno arrivò a paragonarlo al piano Marshall che consentì la ricostruzione e la ripartenza dopo l’immane tragedia della seconda guerra mondiale.
Da allora molte cose sono cambiate. Abbiamo sperimentato l’esaltante conferma dello slancio che il nostro Paese è capace di mettere in campo nelle fasi più sofferte e poi – con la crisi energetica e la guerra scatenata da Putin – una nuova stagione di difficoltà e di incertezze. Ma l’attuazione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che ci permette di accedere ai cospicui finanziamenti europei, resta “un appuntamento che l’Italia non può eludere”, come non cessa di ricordare il capo dello Stato. E’ “la nostra priorità” e ad essa vanno subordinati gli “interessi parziali”, ripete Sergio Mattarella in ogni occasione propizia. E lo è non solo perché di quei fondi abbiamo necessità per far quadrare i nostri bilanci, ma anche perché il Pnrr ci offre “l’opportunità di colmare ritardi strutturali”.
Diciamolo pure: ci spinge in modo pressante a fare quelle riforme di cui il Paese ha bisogno da molto tempo e che altrimenti sarebbero rimaste ancora chissà per quanti anni nel cassetto. Si tratta di una grande impresa che coinvolge la comunità nazionale e tutte le istituzioni a prescindere dalla mutevolezza degli equilibri politici. Dopo quelli presieduti da Giuseppe Conte (il Conte 2 per la precisione) e da Mario Draghi, quello in carica è il terzo esecutivo alle prese con l’attuazione del Pnrr. Una staffetta fra tre governi espressione di maggioranze radicalmente diverse per dare seguito a un impegno assunto dall’Italia in quanto tale.
Certo, i fatti che sono intervenuti nel frattempo possono giustificare oggi la richiesta alle autorità europee di una rimodulazione di alcuni passaggi ben circostanziati. Ma c’è una continuità sostanziale da rispettare per non venir meno ai patti sottoscritti. Ne va della possibilità di ricevere i finanziamenti concordati e ne va anche della credibilità internazionale dell’Italia. Non dobbiamo fare i conti soltanto con questi stringenti vincoli esterni. Il nostro Paese ha un interesse tutto suo a non tornare indietro e a non deviare dalla strada delle riforme intraprese.