Non è un fatto solo di consenso
Mattarella ci ricorda che c’è qualcosa di “indisponibile, sottratto agli interessi di parte perché costruito, nel tempo, con il contributo del nostro popolo”. È quel “patrimonio di storia, di cultura, di valori che disegna il ruolo dell’Italia nella comunità internazionale”
A due mesi dalla sua nascita, sarebbe obiettivamente prematuro azzardare un giudizio complessivo sul governo M5S-Lega. A fronte di una molteplicità di annunci, talvolta contraddittori anche per le divergenze di prospettiva e di base sociale tra le due forze di maggioranza, in un grossolano setaccio restano l’offensiva sugli immigrati, il “decreto dignità” che si è rimodulato nel passaggio parlamentare ancora in corso e una tornata di nomine in alcuni gangli vitali dell’amministrazione. È opinione plausibile che bisognerà attendere l’autunno, con la formulazione della legge di bilancio, per capire di più e valutare con cognizione di causa. Ma al di là delle singole decisioni e del merito dei provvedimenti, sono i messaggi inviati all’opinione pubblica che destano più di una preoccupazione. L’impressione è che nel Paese siano stati innescati dei meccanismi che non favoriscono quella ricucitura che sarebbe necessaria a ormai cinque mesi dalle elezioni. Sembra piuttosto che la campagna elettorale non sia mai terminata e che l’orizzonte in cui ci si muove sia quella di una nuova tornata, quella delle europee del prossimo anno.
Nel recente discorso alla stampa parlamentare, il Capo dello Stato ha parlato di “segni astiosi, toni da rissa, che rischiano di seminare, nella società, i bacilli della divisione, del pregiudizio, della partigianeria, dell’ostilità preconcetta che puntano a sottoporre i nostri concittadini a tensione continua”. Parole riferite nello specifico agli “usi distorti” del web, ma in cui non pare arbitrario leggere un richiamo più ampio. Tanto più che lo stesso presidente ha aggiunto: “Sta a chi opera nelle istituzioni politiche – ma anche a chi opera nel giornalismo – non farsi contagiare da questo virus, ma contrastarlo, farne percepire, a tutti i cittadini, il grave danno che ne deriva per la convivenza e per ciascuno”.
“Vi è il dovere di governare il linguaggio – ha sottolineato poi Mattarella – con il coraggio, se necessario, di contraddire opinioni diffuse”. Concetto rafforzato da una citazione dai Promessi Sposi laddove Manzoni scrive, a proposito degli untori e della peste, che “il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”. Qui il Capo dello Stato ha toccato un tema cruciale, delicatissimo, che attiene alla formazione del consenso e al ruolo di quest’ultimo nella vita di una vera democrazia, come quella disegnata dalla nostra Costituzione. Tema tutt’altro che astratto, dal momento che anche nel nostro Paese il dibattito pubblico ha visto comparire, sotto certi aspetti per la prima volta, la suggestione di altre forme di “democrazia” (con le virgolette). Ma anche senza arrivare a livelli estremi di visionarietà istituzionale, c’è un rischio che si annida nell’idea, costantemente ribadita nella polemica pubblica, che il consenso della maggioranza autorizzi qualsiasi scelta o comportamento e non sia sottoposto ad alcun limite. Qualcosa di analogo a quella che già nel XIX secolo Toqueville definiva dittatura della maggioranza. Mattarella ricorda che invece c’è qualcosa di “indisponibile, sottratto agli interessi di parte perché costruito, nel tempo, con il contributo del nostro popolo”. È quel “patrimonio di storia, di cultura, di valori che disegna il ruolo dell’Italia nella comunità internazionale”. È la “reputazione” del nostro Paese che tutti, in primo luogo chi ha responsabilità politiche, siamo tenuti a difendere e far crescere.