Non c'è cura senza educazione alla responsabilità
I fatti di cronaca di questi giorni mi portano a pormi alcuni interrogativi e a fare una riflessione, che condivido con voi. Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante sul tema dell’attenzione alla persona, alla relazione e alla cura. Penso dunque alla cura esercitata dalle famiglie, ma anche dalle varie istituzioni educative, come la scuola, le parrocchie, i contesti sportivi. Grande considerazione, infatti, per il singolo ed i suoi bisogni. Ciò è sicuramente positivo, ma mi sorge un interrogativo. Si può pensare che un individuo acceda alla pienezza di vita senza che questo coinvolga il destino della sua comunità? Il destino di chi gli sta accanto? La nostra responsabilità in quanto educatori riguarda solo il prenderci cura? In un’epoca in cui l’individuo basta a sé stesso, la risposta a questo interrogativo potrebbe essere positiva, potremmo infatti pensare che ognuno possa raggiungere la felicità indipendente da ciò che accade attorno a lui, a chi vive accanto a lui. Dobbiamo, invece, riconoscere e testimoniare che il compimento dell’esistenza non può darsi al di fuori dello sforzo di costruzione di una società giusta, segnata dal rispetto per l’altro. Non si arriva al traguardo da soli! Allora non posso non pensare che la cura debba declinarsi come l’I Care di don Milani, che scrive: “Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande “I care”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. È il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego”.
I care è assumere la responsabilità dell’altro, il sentirsi coinvolti nella sua situazione. L’“I care” implica la capacità di uscire da sé per assumere i problemi di chi ci sta accanto, è l’esatto contrario dell’indifferenza, del bastare a sé stessi. Educare, dunque, in famiglia e nelle diverse istituzioni, equivale a problematizzare, ad essere scomodi per trasformarsi e trasformare. L’azione educativa va sempre calibrata sul singolo individuo e, nel contempo, rivolta al suo rapporto con il mondo. Centrale è far uscire i ragazzi dall’individualismo per educarli all’attenzione all’altro e alla responsabilità comune. Papa Francesco nel suo viaggio a Barbiana rivolgendosi a tutti gli educatori in un messaggio che sentiamo oggi rivolto anche a noi dichiara: “da insegnare ci sono tante cose ma quella essenziale è la crescita di una coscienza libera, capace di confrontarsi con la realtà e di orientarsi in essa guidata dall’amore, dalla voglia di compromettersi con gli altri, di farsi carico delle loro fatiche e ferite, di rifuggire da ogni egoismo per servire il bene comune”.