Nè irregolari nè clandestini
Se è vero che abbiamo chiuso i porti definitivamente, se è vero che abbiamo scoperchiato un’Europa egoista, che pure ci favoriva economicamente purché stessimo buoni, che paura abbiamo a regolarizzare persone, che non abbiano compiuto reati e riprendere l’apertura a immigrazioni regolari con i famosi flussi annuali? Finirebbero così clandestinità e irregolarità
L’attuale situazione politica vive sul successo di chi non vuole immigrati né irregolari né clandestini sul territorio italiano... Sono d’accordo. Ogni persona umana ha il diritto di essere riconosciuta come soggetto regolare, perché per me ogni uomo è immagine di Dio e, quindi, mio fratello. Quando le leggi non rispettano questo principio, la risposta non può essere né la disobbedienza civile da parte degli amministratori, ma nemmeno la sacralità di un decreto-legge, frutto pur sempre di uomini e non di dei: esiste una Corte Costituzionale unico arbitro nel merito della costituzionalità di una legge o di una parte della medesima. Consideriamo il “decreto sicurezza”. L’articolo 13 afferma che il permesso di soggiorno, che viene dato al richiedente asilo in attesa del giudizio della Commissione, “costituisce documento di riconoscimento”, ma “non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”. Il non possesso della residenza non concede l’accesso al Servizio sanitario nazionale, il diritto all’accesso ai servizi di welfare locale e il diritto ad essere difeso con il patrocinio gratuito. Quindi a una persona, regolarmente presente sul territorio nazionale (tale è la situazione del richiedente asilo), in possesso di un regolare permesso di soggiorno, l’articolo 13 toglie diritti fondamentali. Altri articoli sono in dubbio di costituzionalità. Ma il vero problema rimane come eliminare la clandestinità. Ci sono praticamente tre modi: il primo sono i rimpatri. Non sempre, però, sono possibili per mancanza di convenzione con gli Stati di partenza e per costi del viaggio e il personale necessario, insieme alla prospettiva del mantenimento di persone, fino a 180 giorni, in ipotetici “Centri di permanenza per rimpatri”, con la prospettiva che il rimpatrio non avvenga; secondo la regolarizzazione. È già avvenuta due volte, sempre con governi di centrodestra: nel 2002 dopo Bossi-Fini con 697mila regolarizzazioni e nel 2009 inizialmente per le Colf e badanti con circa 300mila regolarizzazioni; terzo il permesso umanitario: eliminato dall’attuale decreto sicurezza, “regolarizzava” per un tempo limitato chi non otteneva il riconoscimento di rifugiato, dando la possibilità di trovare un lavoro e di avere poi un permesso di soggiorno per lavoro. A questo punto la situazione diventa veramente inumana per l’immigrato irregolare: “Sei nel mio Paese, non ne hai il diritto come richiedente asilo, non sono capace di espellerti, per cui mi limito ad augurarti un buon viaggio, anche se so che tu non te ne andrai, o perché non ne hai i mezzi, o perché speri in una sistemazione. Naturalmente finirai per ingrossare le masse dei lavoratori in nero o degli arruolati alla delinquenza mafiosa e io potrò guadagnare voti, grazie all’ulteriore sdegno dei benpensanti”. Eppure sarebbe tanto semplice ragionare: “È vero che abbiamo accolto 700mila persone negli ultimi anni, ma è altrettanto vero che queste hanno sostituito gli immigrati di cui avevamo bisogno e che regolavamo con il decreto flussi. Fino all’inizio dell’arrivo dei barconi, ogni anno permettevamo a circa 120mila persone di entrare regolarmente nel nostro Paese. Se è vero che abbiamo chiuso i porti definitivamente, se è vero che abbiamo scoperchiato un’Europa egoista, che pure ci favoriva economicamente purché stessimo buoni, che paura abbiamo a regolarizzare persone, che non abbiano compiuto reati e riprendere l’apertura a immigrazioni regolari con i famosi flussi annuali? Finirebbero così clandestinità e irregolarità.