Muoversi lentamente
Tutte le attività umane presentano un grado di rischio, più o meno elevato e diversamente percepito: mobilità = libertà e quando scegliamo liberamente accettiamo maggiormente il rischio. Tre sono le componenti nel muoversi: il mezzo con cui ci si sposta, l’essere umano che lo conduce e l’ambiente nel quale avviene lo spostamento. Sicuri devono essere sia il mezzo che l’ambiente e il conducente deve essere in grado di controllare e gestire il sistema di relazioni tra i tre elementi. È pure ovvio che la probabilità che si verifichino eventi inattesi e dannosi sale con la quantità di persone che sceglie di muoversi in un determinato modo. Ebbene, viviamo in un Paese e in una Provincia dove molti spostamenti si effettuano in automobile: ne possediamo in media due ogni tre abitanti. I veicoli hanno fatto passi da gigante dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e parte di queste innovazioni riguarda proprio la sicurezza. Anche le strade sono notevolmente migliorate, nella progettazione, manutenzione, facilità di lettura. E gli esseri umani? Quelli sono costantemente da aggiornare e formare. Non a caso si cerca da tempo di automatizzare molte delle operazioni alla guida, fino a renderla totalmente automatica, dove l’errore umano (si spera) possa essere del tutto annullato. Ebbene, perché allora si continua a registrare un numero di vittime inaccettabile, quasi 3.000 all’anno nel 2022, al punto che il Presidente della Repubblica ne ha fatto uno dei temi del suo discorso di fine anno? Perché nello scorso decennio in Europa sono morti 6.000 bambini con meno di 14 anni, un terzo dei quali pedoni e la metà passeggeri in auto?
Un paio di considerazioni. Primo: le aree urbane sono piene di interazioni tra funzioni diverse, abitazioni, spazi commerciali, intersezioni, parcheggi; sono percorse da tutti i tipi di mezzi di trasporto e dai pedoni. Gestire questo insieme di stimoli e di segnali è complicato e impone una grande attenzione. Secondo: l’abnorme diffusione dei veicoli privati nelle aree urbane scoraggia l’uso di altri modi, in quanto più vulnerabili. Questa diminuzione, in un circolo vizioso, fa crescere l’uso dell’auto per evitare i pericoli. La creazione di aree riservate ai più deboli è una soluzione, ma non può essere l’unica. Se non si vuole rinunciare ad usare le autovetture, si deve agire su una generale riduzione della velocità nelle aree urbane, fino a 30 km/h. Un mezzo che si muove a quella velocità consente un tempo di reazione e quindi una frenata che riduce ancora la velocità, generando un impatto con conseguenze molto meno gravi. Se soffriremo costretti ad andare troppo adagio, misuriamo la velocità media in città: ci accorgeremo che è spesso inferiore.