Mitigare emissioni e cambiamenti climatici
La corsa verso l’alto delle temperature – e delle catastrofiche conseguenze sulla stabilità del clima - ha registrato nei primi due mesi del 2024 nuovi record, dopo quelli preoccupanti della seconda metà dello scorso anno. Gli Accordi di Parigi del 2015, sottoscritti da 196 governi e legalmente vincolanti, sancirono la rapida riduzione delle emissioni di gas serra per contenere il surriscaldamento globale al di sotto del grado e mezzo in più rispetto all’era preindustriale. Le emissioni mondiali, invece, si sono tutt’altro che ridotte; raggiungere il loro azzeramento in senso netto entro il 2050 è diventato ancora più arduo.
Le emissioni globali dipendono da due fattori: l’energia richiesta per generare un’unità di PIL o reddito, e le emissioni di gas serra dovute alla produzione e all’impiego di energia. Occorre quindi migliorare l’efficienza energetica e riallocare il mix dalle fonti fossili verso quelle rinnovabili. Processi già in corso, in Italia, in Europa e nel resto del mondo, ma secondo i dati relativi alle emissioni e le proiezioni riguardanti gli effetti delle misure in cantiere, mitigazione e adattamento avanzano troppo lentamente per poter ricondurre le emissioni verso la neutralità climatica.
Cosa serve per avvicinare il traguardo e ridurre i crescenti costi sociali ed economici dei disastri climatici? Un’accelerazione di almeno tre volte degli investimenti sostenibili, smorzando le combustioni per energia, industria, trasporti e agricoltura, che sono responsabili di circa l’80% delle emissioni attuali. I macro-interventi più necessari sono, quindi, l’efficientamento energetico degli impianti, degli edifici e dei trasporti, e l’installazione a tappeto di fonti rinnovabili (principalmente fotovoltaico, eolico, geotermico, pompe di calore), abbattendo le emissioni di ogni kwh prodotto o consumato. Una benefica transizione verso un’economia low-energy e low-carbon, e più incisivi interventi di adattamento della nostra vita ai nuovi scenari climatici.
Per il nostro Paese, come per gli altri, queste trasformazioni non avvengono spontaneamente. Serve un insieme di politiche pubbliche, come limiti alle emissioni, investimenti e sostegni, la regolazione dei diritti emissivi e altro, in grado di incentivare, nel mercato e tra imprese e cittadini, i cambiamenti virtuosi. Nel concreto, i principali ambiti strategici sono i trasporti, che saranno elettrificati, standard di efficienza energetica, le comunità energetiche rinnovabili, l’economia circolare e l’eco-innovazione. Molto più dei piani nazionali vigenti, che non sono sufficientemente concreti e innovativi, occorrono interventi settoriali avanzati per la decarbonizzazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, attrezzati con risorse adeguate, ricavabili anche dalla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi; organizzare una più veloce uscita dal gas; attuare un piano integrato per la mobilità sostenibile e uno di investimenti pubblici coerenti in infrastrutture, istruzione e ricerca e sviluppo. Un poderoso efficientamento normativo e amministrativo è la premessa indispensabile per dare tempestività ed efficacia a tutte le misure.
Il cambiamento climatico è un gigantesco motore di diseguaglianze e tensioni sociali. Per fortuna, ci sono vari strumenti che possono attenuare i riflessi dei rischi climatici e della transizione ecologica per le fasce sociali più fragili. Bisogna “solo” integrarli in un disegno organico e concreto per lo sviluppo sostenibile.