di ADRIANA POZZI
28 mag 2015 00:00
Matricola 64762
Padre Carlo Manziana, internato nel 1944, a Dachau ha portato e vissuto il grande spirito ecumenico
Padre Carlo, come a Brescia tutti lo chiamavano, è stato certamente felice di questo piccolo “grande” evento ecumenico, voluto e vissuto da quella che fu la sua diocesi di origine, in cui un gruppo composto da cattolici e da rappresentanti delle chiese cristiane presenti a Brescia e da un esponente del mondo ebraico, insieme, ha voluto, anche oggi (o forse, ancor di più, oggi, in cui il clima culturale non sembra, purtroppo, lontano da quello dei quei tempi bui) ribadire che la violenza, la sopraffazione, l’odio giustificato dall’appartenenza razziale o dalla confessione religiosa sono atteggiamenti da rifiutare e da combattere, non certo con le armi o con altri strumenti di distruzione, ma con l’ascolto e l’accoglienza dell’altro, con pazienza e rispetto per i suoi tempi e i suoi modi di essere, di pregare, di vivere, con la fiducia che un Altro e non noi guida i passi di tutti verso la stessa meta.
Questo è stato lo spirito con cui il pellegrinaggio a Dachau è stato proposto e vissuto e penso sia stato un momento prezioso per tutti i cristiani di Brescia, per quelli che erano là e per quelli che, pur lontani e in mezzo alla loro quotidianità, hanno però idealmente condiviso la preghiera, la riflessione, il perdono reciproco che questa esperienza ha fatto nascere, nel ricordo di quelli che in quel luogo hanno sofferto e offerto la loro vita e nell’impegno di non disperdere quanto con il loro esempio ci hanno donato e insegnato.
ADRIANA POZZI
28 mag 2015 00:00