Ma questo è ancora sport?
La sensazione è che un telo sia caduto svelando che quello che ingenuamente tifosi continuavano a chiamare sport, non è altro che semplice speculazione economica. Difficile trovare qualcosa di originale da dire sulla “secessione” annunciata e poi ritrattata nel giro di poche ore che dodici “big” (o sedicenti tali) del calcio europeo hanno messo in atto nei giorni scorsi, con l’annuncio di un supercampionato continentale a loro uso e consumo. Perché questo, in estrema sintesi, è quello che hanno tentato di fare Juventus, Inter e Milan, insieme a Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, Manchester City, Manchester United, Liverpool, Chelsea, Tottenham e Arsenal. Poi le sei inglesi l’Inter e la Juve, forse sorprese dalla generale levata di scudi contro l’iniziativa, hanno fatto marcia indietro. A pericolo scissione rientrato, resta comunque difficile vedere in questa operazione risvolti sportivi, mentre diventa sempre più comprensibile come ancora una volta sia stato il dio denaro il vero motore della vicenda.
Sarà solo un caso che le protagoniste dell caso sono sì tra le squadre più blasonate del mondo, ma anche quelle alle prese con situazioni debitorie impressionanti? Per questo l’operazione “Superlega” è apparsa sin da subito l’ultimo, l’estremo tentativo messo in atto dalla necessità di trovare fondi sempre nuovi per cercare di suturare ferite che esse stesse si sono provocate. Certo, anche la pandemia ci ha messo del suo con lo stop alla presenza dei tifosi negli stadi, ma l’emergenza sanitaria non ha fatto altro che mettere in luce tutte le falle di un sistema che non avrebbe potuto reggere ancora a lungo. A meno che, devono essersi detto le “fantastiche 12”, di inventare un’operazione che sa tanto di circo Barnum destinato a produrre incassi (dieci miliardi di euro nel triennio, 3,5 dei quali già pronto cassa sin da subito per i soci fondatori).
Ma quello che i dodici club hanno immaginato è un mondo che non ha nulla da condividere con quello che reale, ancora alle prese con la pandemia e le tante ferite che questa ha lasciato. Se c’è una qualcosa di positivo che l’ultimo anno ha insegnato un po’ a tutti è che nella vita ci sono priorità e sciocchezze. Le bizze e i tentativi disperati di club calcistici alla spasmodica ricerca di soldi appartengono alla seconda categoria. La bocciatura generale della “Superlega”, oltre a far perdere la faccia ai suoi promotori, ha messo anche in luce la necessità di domandarsi se tutto questo sia ancora sport.