Libertà e democrazia da custodire
In occasione della ricorrenza del 25 aprile, mi pongo sempre una domanda ineludibile, anche se dolorosa e amara: è ancora opportuno proporre il ricordo di una vicenda come quella della Resistenza a tanti anni di distanza? Oggi ci troviamo di fronte alle quelle forme di pensiero e di azione che Umberto Eco, in uno scritto del 1997, recentemente ripubblicato, definiva “Ur-fascismo”, cioè fascismo eterno, in contrapposizione al fascismo storico degli anni Venti, Trenta e Quaranta. Esso è caratterizzato dal rifiuto della modernità, dal culto dell’azione per l’azione, dal sospetto nei confronti della cultura, dal rifiuto dello spirito critico, dalla paura delle differenze, dalla xenofobia, dal disprezzo per i deboli, dal populismo secondo cui gli individui in quanto tali non hanno diritti ed il popolo è costituito da un’entità monolitica, di cui il leader pretende di essere l’interprete. Ecco, di fronte a questa realtà possiamo opporci solo con le armi apparentemente deboli ma forti della democrazia. La democrazia è infatti debole perché consente a coloro che vi si oppongono la possibilità, nella libertà, di avere gli strumenti per limitarla o addirittura cancellarla. Ma la democrazia è forte perché si fonda sulla Costituzione e sulle leggi che la tutelano. La libertà e la democrazia non sono conquiste ottenute per sempre, ma sono per tutti, anche e soprattutto per coloro che non condividono le nostre idee (altrimenti che libertà sarebbe?).
La Resistenza venne fatta da giovani uomini e donne cresciuti nell’esaltazione dell’obbedienza assoluta e indiscutibile, che si trovarono di fronte alla tragica realtà della guerra, dei bombardamenti, della fame, dell’occupazione tedesca e del fascismo che con i tedeschi collaborava. Dovettero, dunque, con enorme fatica, imparare a rifiutare l’obbedienza ad un’autorità ingiusta e oppressiva. Non fu certo facile, ma alcuni impararono, per dignità e non per odio, a combattere altri uomini. A me pare che la scelta dei giovani di tanti anni fa, quella cioè di rifiutare i falsi valori e di prendere, con molta fatica e molti dubbi, non la strada più comoda, ma quella più giusta, costituisca ancora oggi una grande lezione per tutti noi.
Esiste un messaggio della Resistenza che possa assumere un significato per noi e i giovani di oggi e che abbia un senso per il nostro comune futuro? Esiste un libro le cui parole risuonano sempre più forte col passare del tempo e che raccoglie le lettere dei condannati a morte della Resistenza europea. Fu proprio attraverso la resistenza della “meglio gioventù” europea, perseguitata e uccisa dal fascismo e dal nazismo che nacque l’Europa non del denaro ma della comune fede nella democrazia e nella libertà. Coloro che le scrissero erano donne e uomini, come noi, che amavano la vita e non avrebbero voluto abbandonarla, eppure dovettero affrontare la morte. Nelle lettere traspare una serenità che a noi, lettori di tanti anni dopo, ancora stupisce e pare incomprensibile. Questa serenità è senz’altro dovuta al desiderio di non turbare e addolorare ancora di più i genitori, la moglie, i figli, la fidanzata. Si avverte in esse un atteggiamento per così dire profetico in senso biblico. È cioè presente in quelle parole una profonda convinzione: che il mondo dell’ingiustizia e della violenza sia destinato a finire e che ad esso stia per sostituirsi un mondo diverso e più giusto, che può essere soltanto intravisto perché sanno che quel mondo non lo vedranno mai. Da queste lettere emerge infine una certezza: che la vita di ognuno di loro, per quanto breve, non è stata vissuta inutilmente, che ha avuto un significato. Con semplicità e insieme con profondità emergono in esse i valori e i sentimenti, per i quali ogni essere umano sente che vale la pena di vivere.