Le stragi in USA ci riguardano da vicino
Le due recenti stragi commesse da giovani con fucili semiautomatici di cui erano in regolare possesso hanno riaperto il dibattito negli Stati Uniti sulle armi e sul “diritto alle armi”. Lo scorso 14 maggio, Payton Gendron, un diciottenne suprematista bianco ha ucciso dieci afro-americani in un parcheggio a Buffalo (New York). Alcuni giorni dopo, un altro diciottenne, Salvador Ramos, ha compiuto una carneficina nella scuola di Uvalde (Texas) uccidendo 19 bambini e due insegnati trasmettendo in diretta la mattanza attraverso un social network.
Due stragi che non possono essere rubricate – come ha fatto buona parte del mondo politico italiano – a mera patologia del paese nord-americano o dei suoi giovani disadattati.
Se è vero, infatti, che a differenza del Texas, in Italia non è permesso, se non a persone in possesso di una specifica licenza per “difesa personale”, girare armati, è altrettanto vero che anche in Italia un diciottenne può legalmente acquistare non solo un black rifle come quelli usati in queste stragi, ma addirittura dodici con caricatori fino a dieci colpi e 200 munizioni.
La normativa italiana non richiede né controlli specialistici sullo stato di salute mentale né esami tossicologici per verificare l’assunzione di sostanze psicotrope e di droghe da parte di chi richiede una licenza. Tutto si basa su una autocertificazione firmata dal medico di base e un controllo di idoneità psicofisica presso l’Asl simile a quello per la patente di guida. Nel presentare la domanda in questura occorre dichiarare di aver comunicato ai famigliari maggiorenni di aver fatto richiesta di una licenza per armi, ma non c’è modo per le autorità di pubblica sicurezza di verificarlo perché infrangerebbero la privacy del richiedente. Così, senza che i genitori ne sappiano niente, anche un diciottenne italiano incensurato può ottenere una licenza e acquistare fucili semiautomatici.
Tutto questo è ben noto ai nostri politici e parlamentari. Che però non solo non si pronunciano ma, tranne alcuni casi, sono sempre molto compiacenti alle esigenze delle varie categorie di legali detentori di armi, dai “tiratori sportivi”, ai cacciatori agli “appassionati”. E appena possono, cercano di ostacolare l’introduzione di norme più rigorose e maggiori controlli su chi detiene armi. Non solo: da anni anche in Italia sono attive associazioni e gruppi, esplicitamente sostenuti dai produttori di armi, il cui obiettivo è replicare nel nostro paese le pratiche della National Rifle Association (NRA), la potente lobby degli Stati Uniti. Le stragi negli States ci riguardano da vicino. Soprattutto a Brescia dove è fiorente l’industria delle “armi comuni”.