Le storie delle donne
Qual è, oggi, il ruolo della donna? In occasione della Festa delle donne proponiamo la riflessione di Cristiana Dobner
La storia delle donne e della donna, lentamente ma con molta perspicacia, affiora nei nostri contesti sociali ed esige di essere conosciuta. Le storiche che se ne occupano hanno ormai creato un metodo di ricerca e di esposizione scientifica, anche perché si sono, coraggiosamente, inoltrate in un territorio che i nostri padri latini (posto che ancora li ricordiamo e non li seppelliamo in nome di una pseudo cultura da web) avrebbero definito: hic sunt leones! La donna in una società patriarcale non aveva voce, non appariva negli annali né degli attori né degli scrittori. È sufficiente scorrere una bibliografia per rendersene conto.
Tuttavia è proprio così? Intendo realmente così in quel quotidiano che lascia la sua impronta nelle vicende umane? Donne usate come mercanzia, oggetti da vendere e su di cui guadagnare, donne vittime di violenze inaudite che devono sottostare a regimi di vita incredibili e che non trovano scampo in un nessun modo. Il loro sentire profondo viene seppellito nel silenzio più assoluto. La cronaca quotidiana pullula di fatti dolorosi, alcuni imprevedibili, altri esito di tanti pregiudizi e di scelte di comodo. La donna, per quanto colpita e maltrattata (la narrazione potrebbe procedere quasi all’infinito) di fatto è sempre alla radice della vita. Anche della vita di coloro che l’opprimono. Come non voler accettare che donna è la propria madre?
Come scardinare questa mentalità? Le donne stesse possono farlo, prendendone piena coscienza e agendo deliberatamente. Non per ottenere privilegi. Non per ascendere nella scala sociale. Bensì per dimostrare come l’unica strada percorribile sia quella della differenza vissuta in armonia, in sinergia. Solo allora la vita può risultare un dono fecondo e gioioso e non una lotta al coltello per guadagnare chissà mai che cosa mentre, in realtà, non costruisce la persona donna e neppure la persona uomo e, alla fine, si deve abbandonare. La postura però profonda, inalienabile per la donna, è la cura, la sua capacità di essere attenta all’altro, all’altra. La sua intuizione nel soccorrere, nell’intravvedere i bisogni. Non è questione di più o meno ma di assumersi il ruolo e le missione che ognuna, nascendo, ha ricevuto dal Creatore. Non come proprietà solipsistica, da trattenere e custodire stolidamente ma come fonte di vita che gorgoglia e, più vi si abbevera, più scorre limpida.