Le radici e i tentacoli
La mafia sa che insistere sull’abbraccio del figlio di Paolo Borsellino con il fratello di Santi Mattarella è pericoloso perché non è un gesto formale
C’è chi reagisce: sono soprattutto i giovani ad alzare la testa. Delle nuove generazioni la mafia ha paura perché sa che si tratta di avversari puliti, non ricattabili, non minacciabili. L’unica possibilità per fermarle è quella di non farle parlare, di non lasciar raccontare quello che stanno facendo anche durante questi mesi estivi nei campi di Libera, nelle terre confiscate, nei luoghi della formazione della coscienza a incominciare dalla scuola. La strategia mafiosa non cambia: isolare l’avversario per abbatterlo più facilmente. Allora tocca ai media non lasciare soli i giovani. A loro l’appello a non rischiare una connivenza con la mafia lasciando fuori pagina o fuori campo percorsi di responsabilità, d’impegno, di pensiero. Ai bordi della cronaca ci si accorge, invece, di vuoti mediatici su queste esperienze. Silenzi che, anche se non sempre voluti, sono a sicuro vantaggio della mafia che ben conosce la strategia della comunicazione.
La mafia sa che insistere sull’abbraccio del figlio di Paolo Borsellino con il fratello di Santi Mattarella è pericoloso perché non è un gesto formale. In quell’abbraccio ci sono, infatti, i giovani che hanno ascoltato e ascoltano uomini e donne che la mafia non la temono, la combattono. Uomini e donne che hanno pagato con la vita la loro scelta di legalità e di giustizia. È il momento dei media: tenere alta la guardia di fronte alla mafia significa raccontare ancor più le esperienze e i pensieri dei giovani che crescono nella cultura della legalità e della dignità. La mafia teme questi racconti perché offrono la prova che il popolo dei giovani è dalla parte di istituzioni.